giovedì 28 luglio 2011

Erano venuti a vedere chi era l'ultimo - 2 -

Ieri ho letto sul giornale che è morta Agota Kristof. Non lo sapevo ancora quando ho messo questo video. Una canzone dalla colonna sonora del film "Brucio nel vento di Soldini e tratto da un romanzo della Kristof. Ad Agota Kristof tutta la mia gratitudine per il romanzo "Trilogia della città di K"



Non lo uccisero. In segreto ci sperai. Era disperato l'amore che provavo
Ho pensato per un attimo che se rimaneva vedova poteva capire quanto l'amavo
Eravamo in quella stranza in fondo al cortile e sapeva di mangime, da bestie da cortile.
E tu chi sei? mi chiese poi lo sposo, liberandosi dai tre
Anche te sei tra quelli gettati via? Anche da te è fuggita verso sogni strani?
Anche a te ha dato qualche notte ed è fuggita? C'era disprezzo nel su sguardo
C'era la rabbia disperata di chi temeva la stessa fine. Alzò le mani su di me.
Il mio braccio scattò dall'ombra per ucciderlo. Gli altri tre non si mossero.
Lo colpii con la forza di chi poteva frantumarlo. Lui non reagì.
Continuai a colpirlo.Cadde ai miei piedi e strinse le braccia attorno le mie gambe.
Il sangue gli colava dalla faccia. Poi arrivò lei. Si fermò impietrita sulla porta.
Una risata calma, usci da quella bocca spaccata. Poi silenzio.
Da fuori giungevano i rumori della festa.
Come sapesse, da la era corsa.
Mi si lanciò contro e tentò di graffiarmi il viso, ma gli afferrai i polsi.
Poi prese a spintonarmi e a gridare di andar via. Lui mi lasciò le gambe.
Mi spinse fuori. La notte era limpida. Le luci sul cortile, la musica della festa.
Continuò a spintonarmi e a dire di andar via. Mi spinse verso la strada.
Poi si mise a correre piangendo. Aveva le calze bianche, un aderente abitino.
Mi girai e vidi i tre sulla soglia. Continuai a seguire i passi di lei oltre il campo.
- Di quà - mi diceva - Devi andar via. Vattene- Eravamo lontani adesso.
C'era silenzio attorno. Poi sentii lo sbattere di ali di una poiana che si alzava in volo.
Io non mi mossi,
- Che ti è preso? Come hai potuto? - Le dissi che l'amavo, che non sapevo.
- Addio - e si girò per andarsene. La guardai incamminarsi.
Poi si girò. Disse il mio nome.
Disse che dovevo andar via. Si ricordava di me allora
.- Vattene via - Io non mi mossi. Sentivo le mie nocche sanguinare
.- In nome di dio, vai via. Ti prego
-- Ti amo -Nei suoi occhi comparì il dolore.
- Perchè sei tornato? Perchè? -
- Io non me ne andrò. Non posso. Sono tornato per te -
Il giorno dopo si doveva sposare.
Il giorno dopo l'avrei persa.
Il giorno dopo la mia vita non avrebbe avuto senso.
Il giorno dopo niente piu sarebbe stato lo stesso.
E vidi nei suoi occhi ancora un bagliore
come se all'improvviso quell'amore mio che non avevo mai detto
fosse per lei inaspettato e improvvisamente sconvolgente.

(seconda parte - nowhere)

si devono fare, tante cose si devono
e ti trovi dentro, imprigionato senza aver deciso
e decidi che a quel punto lo devi fare
anche se non vorresti piu, lo devi
e ti pare cosi normale
che tutti altro non si aspettano
e tu a quell'aspettarsi devi sottostare
e ti vien normale
ti sembra naturale
ti dici che cosi va la vita
che cosi è giusto
che non si può fare altro
ma nel profondo senti che altro avresti voluto fare
che avevo dei sognidei talenti a cui inclinare
ma poi diventano cose infantili
poi diventano
quando noi diventiamo altro
quel che non saremmo forse mai
e ti pare cosi normale

1 commento:

teti900 ha detto...

uhm, il racconto del post è "storia mia" nel senso che mi piace e lo sento cucito come un abito su misura, per come è scritto e per la storia che racconta.
le tue riflessioni invece, sono stimolanti ma estranee quanto il pensiero di Yehoshua sul matrimonio ecc (ma qui titubo perché ho occhieggiato sul web e non ho elementi di giudizio).
l'unica chiave di vicinanza che trovo con il testo in blu è pensando a mio figlio.
allora calza.
non l'ho calcolato il tempo che ho perso pensando di essere o sentirmi come imprigionata nei doveri ad ogni costo mentre avrei fatto qualsiasi altra cosa tra cui anche solo sognarla una cosa diversa che mi liberasse la gola dal groppo ingrumato di tutto quello che ti dici che se vuoi potresti fare comunque ma qualcosa ti impedisce di agire.
ma per il resto e soprattutto se riferito alle relazioni amorose non ho mai pensato e provato quello che hai scritto.
a vent'anni stavo per arrendermi all'idea di sposarmi per far contenti i miei, ma ha prevalso la mia innata abitudine di fare solo ciò che voglio e così andò a monte.
so che ci sono persone che gestiscono la loro vita seguendo le convenzioni e spesso se ne pentono.
so anche che ci sono persone che invece aderiscono alla loro unicità e mai la baratterebbero o prenderebbero in considerazione di descriversi come "sensibili" alle tentazioni dei modelli conformi alla regola della "normalità" convenzionale od omologata per citare PPP.
poi mi risulta che vi siano pentiti del primo caso, mentre non mi risulta che ve ne siano tra quelli del secondo tipo (ma forse non ne ho incontrati).
in questo caso (i pentiti, avveduti, risvegliati) si produce una sorta di ibrido che nella maggioranza dei casi unisce il peggio delle due scelte o modi di essere e resta eternamente scontento/a del prima, del durante e (se è in grado di vederlo) del dopo.
immagino che ciò che ho scritto non aggiunga niente, ma in effetti neanche toglie qualcosa, dunque ci può stare.
magari motiva o potrebbe giustificare chessò?
una frase tipo: "sei autolesionista"
è un esempio come un altro, lo uso perché me l'hanno addebitato poco fa, ma non c'è stato il tempo e neanche la voglia di spiegarmi che cazzo volesse dire.
ora bisognerà che mi ricordi di dire, quando risentirò il tipo, che ha sbagliato completamente interpretazione oppure ho capito male io (che è probabile).