sabato 10 settembre 2011

Danno infine la morte con fragilità e graziosa ferocia

Un padre

Ti appare vago quello scorrere inutile,
quell'andare perplesso dove posa lo sguardo,
scivola come il tempo di quel mezzogiorno
a cui è meglio non chiedere nient'altro,
che passi e diventi dell'altro e
meditando con un mezzo toscano tra le dita
da cui dai qualche tiro e cosi ti pare di colmare la vita,
sbuffando, un respiro che soffi e nell'aria si perde,
che scivoli via come le alghe tagliate dal fondo nell'acqua trascina per finire in qualche ansa ad imputridire.
E' questo che temi?
Hai un figlio la vicino che ti guarda come fossi un dio, suo padre, l'archetipo, quello che non vedi mai, che è sempre in giro, con altre mamme, che ha tanto da fare

Dall'altra parte il bambino anche lui la guarda quell'acqua che, come il fuoco rapisce lo sguardo e trascina pensieri lontano e le guardi galleggiare quelle paure, indefinite nell'ombra di un salice che all'acqua si vota per sempre e sfugge il pensiero al fantasticare un gioco dove sei un pirata, comandante di una ciurma e solchi mari e tempeste per cercarlo quel padre sperduto in porti dove bettole scure e puttane eritree, sogni le balene, i naufraghi e le cacce, visioni e sirene di tutti i padri partiti per mari ed oscure avventure che immagini epiche e maestose come oceaniche maree

Guarda la donna di porto pim di tabucchi. L'avevo lasciato io sulla panchina. Ci sono delle figure

Vi guardavo un poco prima mentre bevevo lo spritz. In mezz'ora forse una parola. Ti sei preso la Gazzetta dello sport, che dev'essere il primo pensiero per un uomo al mattino, cosa dicono del Milan e della partita della sera prima che non hai potuto vedere perchè avevi il bambino che voleva andare a vedere il cinema con te. Un film che ti stava sul cazzo, di avventure per bambini, che neanche quand'era piccolo ti fermavi con lui a guardare quei dvd che sua madre nolleggiava per farlo contento. E tu quelle sere dovevi uscire, avevo gli amici e le partite a calcetto, i tornei per gli over e lei sapeva quando tornavi che eri stato con qualche troia di amante. Chissà come la sporcavi quella roba, la maglietta, i pantaloncini, i calzetti di spugna. Li bagnavi nell'acqua per mostrare che avevi sudato e li strusciavi sull'erba e per terra ma lei lo sentiva che non c'era l'odore del tuo sudore testa di cazzo!

Ed eri cosi preso dal giornale da non far parola, troppo importante quel che dicevano quegli ebeti sulla Gazzetta ed eri ancora un po risentito per quella partita in tv che hai perso, il debutto del Milan. Ma da chi avrà preso quel bambino che non va neanche a giocare a calcio. E' lui che dovrebbe portarlo, incitarlo, e sognarlo campione. Quello che lui non è mai stato. Un mediocre, squadrette di terza categoria ma è un'impegno gravoso starci dietro al ragazzino e portarlo in qualche squadretta perchè stia finalmente assieme agli altri bambini invece di stare sempre a casa con quei giochetti di merda della play station. All'aria aperta dovrebbero stare i bambini, questo diceva a sua madre.

E cosi è andato a prendersi un giornale anche lui. Non ce n'era un'altro sportivo sennò l'avrebbe preso pensando di compiacere a suo padre. Invece ha preso un giornale locale e l'ho visto, leggeva un articolo dove parlavano degli incidenti che fanno le moto e la strage di morti che fanno ogni anno le strade che vanno sul Fadalto. Anche suo padre ha la moto. Se l'he portata via anche quella quando se n'è andato. Gli piaceva tanto salirci sopra quand'era sottocasa e fingere corse da gran premio e lui come Valentino Rossi. Che corse.

Io da la dietro osservavo questo mondo, questo modo di stare e disfare ed io che padre non sono e non so piu di tanto visto che son rimasto solo un figlio con il mio carico di irresponsabilità e che mi vengono dei grumi delle volte per non averne avuti o voluti e che insomma mi è andata cosi e allora però tante volte mi prende questo dolore forse paura tristezza di questo destino che si prospetta di star solo senza figli che ti vengano quando sei vecchio e malmesso almeno a trovare a dirti come va vecchio? nelle domeniche brulle e pensano gia di portarti all'ospizio vedrai starai bene li in compagnia accudito e tutto il resto. Insomma però a vederle queste storie e di come vanno a finire, magari mi troverò una donna e cosi ci faremo compagnia e lei avrà i figli che ogni tanto passano a salutarla e mi guarderanno male perche temeranno che gli ciuccio la pensione.

Si erano presi dei panini mi pare, forse hamburgher e coca cola per entrambi. Lui voleva mostrare che non aveva soldi e che sua madre con la storia degli alimenti lo lasciava indigente. Ce l'aveva a morte, sapeva che era la vendetta della sua ex che si era messa a lavorare part time apposta per farsene dare di piu e quell'appartamento che lui continuava a pagare, che era suo e che aveva dovuto lasciare e magari quel giorno si era portata a casa il suo nuovo amante, la vacca. Per fortuna il bambino non li sentiva quei suoi pensieri. Poi gli ha chiesto se poteva prendersi un gelato e il padre gli ha fatto di si con la testa e il figlio allora contento lo ha baciato sulla guancia ed è corso dentro a prendersi un Magnum ed è andato in riva al fiume a far delle cose con i pensieri

Stava la accucciato a guardare quella bici fantastica con tutti quei cambi, sospensioni, super accessori, la sella molleggiata come quella di Super Mounty che vedeva ogni sera su Canale 5 Super Mounty era un campione mondiale di free style e faceva cose incredibile incredibili e lui avrebbe voluto tanto provarci a fare delle cose incredibili da lasciare a bocca aperta i compagni di scuola.Me ne compri una papa se sono promosso? Chedila a tua madre la bici



Qua mi ha visto ma son un fenomeno poi a non far capire che li fotografavo e cosi gli resta solo il sospetto. Poi ha ripreso a pensare a Monica che l'aveva lasciato. Stava in un buco, in un monolocale da albanesi. Monica voleva prendessero qualcosa assieme o che lui andasse a stare con lei, fisso, invece di ogni tanto, il sabato o qualche sera quando lei lo invitava a cena. Non voleva piu saperne, non adesso comunque, non ancora. In fondo da solo stava bene anche se...con Monica gli sarebbe anche piaciuto fare un'altro bambino. Lei aveva dieci anni meno di lui e si sentiva all'ultima spiaggia per farne.

C'è un naufragio nella verità della creazione

Vanno a branchi ma non portano femmine

Svolazzano inquieti con l'aria di pena sinistra

Un altrove teorico al nostro imprescindibile dove

Un popolo teorico che in passato non aveva Re ne guerrieri

Venerava divinità dell'anima e del sentimento

Misterioso e insondabile quel dio che rapiva chi sapeva adorarlo

Che non aveva immagine ma solo suono
Il suono dell'acqua marina

Danno infine la morte con fragilità e graziosa ferocia

venerdì 9 settembre 2011

So di quel senso di polvere e more

L'incipit:
"Abbiamo giocato nella stessa strada. E' cosi che si diventa davvero fratelli, che a venire dalla stessa madre non ha reso parenti nemmeno i gatti. Benedetto sempre sia il rispetto per il sangue, ma la strada e l'averci giocato insieme regala ben altra dimensione di parentela. Nessuno crede davvero che basti condividere il cognome di un padre per rivendicarsi seme comune: dietro all'atto che porta al cognome c'è un percorso cosmico irrintracciabile che si fa beffe della volontà umana e delle sue povere scelte, come le condanne degli innocenti. Dev'essere per questo che per tutta la vita molti adulti cercano di liberarsi della parentela casuale del proprio sangue, affermandone altre decise da sè"

"Nessun Natale trascorso in famiglia compete nell'anima con il rilievo delle pietre sotto al sellino della primadiscesa in bicicletta senza mani, con il riflesso di una treccia scura che balla sulla schiena lanciata nella corsa o con la rovente vergogna di un giornale per grandi trovato tra gli sterpi di un cespuglio e sfogliato insieme, muti e attoniti. In quelle infantili verginità perdute c'è il segreto patto dei veri complici, il potere normativo della prima esistenza condivisa, contro la quale non esiste sangue che possa pretendere maggiori diritti. Cosi li senti davvero certi adulti nei bar, uomini fatti e disfatti mille volte dalla vita, vantarsi ancora tra loro dei legami nella strada dell'infanzia - abbiamo fatto il gioco insieme - come di un parto consapevolmente condiviso."

Una citazione in apertura del racconto dice:
"Con le tre dita la via vuole indicare
nemmeno lui
nemmeno lui
sà dove andare"
(Vinicio Capossela)

da cui il video L'uomo vivo (Pazzo di gioia)


C'è un punto dell'estate

C'è un punto dell'estate
C'è un punto dell'estate che inizia
che le more nei rovi dei fossi
diventano nere e son pronte
calde dal sole e di polvere
ti riempi la bocca
A quel punto ricordo
la scuola era quasi finita
e si andava a nuotare nel fiume
fino a che l'estate sarebbe infreddita.
Vorrei essermi innamorato di te allora
che si giocava fino a che era scuro
e mia madre mi chiamava dal balcone per cena
e poi io dicevo a mia nonna
che mi ero innamorato di una bambina
che avevo visto sulla giostra nella piazza
durante la sagra e non era da qua
la mandavano i genitori in vacanza
(simurgh)


Sò di quel senso di polvere e more

Sò di quel senso di polvere e more
Sò di quel senso di polvere e more
che le piu facili erano sempre finite
e allora si osava piu in la dove punge
fino alle nere piu grosse
Era il tempo del tuo amore giocato alle giostre
quello in cui pregavo mia madre
di lasciarmi partire col circo
con Aleandro Rodriguez
il bambino saltatore di fossi
figlio del circo e di tutti i suoi animali
Ancora oggi mi ricorda mia madre
inquietava questo mio desiderio amoroso
Si aveva appena otto anni e mi pareva
la fatica di quel bimbo una roba importante
Poi quel bimbo Aleandro indossava un gilet
come da grandeminuscolo pur cosi maestoso
Da me imparò a scalare le pile dei pioppi
tagliati sdraiati in piramidi
da lui seppi come strisciar sotto i camion
e li trovare rifugio
Oggi sorrido
Io lo portavo in alto verso il sole
lui la sotto dove era sempre quasi notte
Si accamparono un mese
Era caldo forse di Luglio
Poi un mattino un grande trambusto
e le plastiche sgonfie per terra
i panni raccolti dai pali
le roulottes agganciate ai giganti
Invocai un permesso speciale
almeno di poterli aiutare. Mio padre negò
Lui che un giorno quando aveva otto anni
fu lasciato dentro il recinto di un collegio
mi negò quel saluto ai Rodriguez
Credeva davvero li volessi lasciare?
o forse proteggeva un dolore.
Comunque quel giorno s'inventarono di andare in città

mercoledì 7 settembre 2011

La ballerina

Nel reparto dove stava la chiamavano la ballerina.
Quei polpacci mi incantavano tendendosi mi chiamavano suscitando un'impulso di desiderio, come quei capelli raccolti sulla nuca, in un crocchio a cui niente sfuggiva e, quando un ciuffetto scappava era per me visibilio guardarla, quella nuca scoperta, la curva, la fossa scendeva sul collo, sparendo .

(Goldmund & Rafael Anton Irisarri - Gnossienne No.1)Preso da QUA'

La ballerina faceva queste cose sul letto della sua stanza d'ospedale. Con del fil di ferro che non avrebbe neanche potuto tenere in quel reparto la. Creava mondi interi di figure e storie incredibili che si teneva in testa senza dirle a nessuno.
Si capiva subito che era una ballerina di professione. La guardavo quel giorno. La guardavano anche i due vecchi genitori seduti sulla panchina la fuori, un giardinetto del reparto con quattro piccoli alberi, la recinzione di rete di ferro, alta con l'edera e un gelsomino che si arrampicava . La guardavano stando un po piegati in avanti, sospettosi e con occhi vigili ma c'era tenerezza e compassione per quella figlia, si vedeva, si capiva. Lei faceva le sue giravolte buttando in aria le gambe saltava e atterrava tra loro mentre le ombre si facevano lunghe. Il vecchio fumava delle sigarette senza filtro e con la lingua si toglieva piccoli pezzetti di tabacco dalle labbra. Lei frugava nella sua borsa che teneva aperta sulle ginocchia. Teneva un fazzolettino di carta nel pugno e ogni tanto si asciugava delle lacrime che le scivolavano giu. La ballerina danzava la sua estasi e volteggiava cosi mentre io faccevo finta di niente, quasi a non essere li. I genitori gli avevano portato della biancheria, delle vestaglie da notte, una tuta, canottiere, mutande robe cosi. Indosso aveva una di quei camicioni di carta che ti danno negli ospedali se non hai la tua roba o se ti portano in sala operatoria. Era un peccato perche dentro quel camiciotto di carta non le si vedeva nessuna forma ondeggiare del corpo. I suoi piedi erano scalzi. Mi piaceva guardarli quando si tendevano verso le punte e il collo del piede prendeva quella forma flessuosa. Le lunghe braccia si libravano lontane dal corpo ed era come cercasse di tenere in equilibrio una piuma sulla punta di ciascun dito. Faceva dei salti qua e la. Pareva con quelli slanci volesse uscire dalla sua pelle e come piume che teneva sulle dita con un salto finire chissà dove. I vecchi genitori si alzarono. Andavano via. La salutarono. Torniamo domani gli dissero. La vecchia mamma si strofinava quel fazzolettino di carta sotto gli occhi. Quando se ne andarono lei si fermò. La danza dentro di lei di colpo era morta. Fissava nel vuoto qualcosa che era sparito e neanche lei vedeva piu. Io battei le mani, adesso che non c'era nessuno e dissi "Che meraviglia! Brava, brava, bravissima". Mi guardò adesso che era spenta. Prese dal tavolo una di quelle figure che faceva e mi si avvicinò. "Ce l'hai una sigaretta?" mi chiese. Tirai fuori il pacchetto e gliela porsi assieme all'accendino. "Sei veramente bravissima. Una ballerina fantastica" le dissi con entusiasmo. "No, non è vero" disse lei priva di ogni espressione, mi scivolò via .


Lei si girò per accendersi la sigaretta e ripararsi dal vento. Un bicchiere di plastica di quelli delle macchinette del caffè rotolò per terra, sul cemento del piccolo giardino. Pareva arrotolasse la sua ombra che quell'ora faceva lunga e pareva uscire dal bicchiere. Un merlo volando si appoggiò sopra la rete e fischiò due tre note. Io schiacciai la sigaretta sotto il mio piede e soffiai il fumo per aria guardando quel bicchiere e poi il merlo. Quando mi girai a guardare la ballerina vidi che la camicia da notte di carta stava bruciando e una fiamma arancione si alzava dall'orlo. Mi alzai subito per dirle che stava bruciando. Un raffica di vento fece alzare la fiamma, ci fu un lampo e la ballerina avvampò, coperta da un manto di fuoco. Ero impietrito. La ballerina sollevò le sue lunghe braccia e levitò lasciando il giardino sollevandosi dalle lunghe gambe, come una fenice da quella crisalide di carta, alzandosi sempre di piu, fino a che la camicia da notte le si stacco dalle spalle e svolazzò via. Un fantasma nero e sbrindellato che saliva in cielo in mezzo ad una colonna di fumo e cenere, e a quel punto lei tornò a terra, nuda e bianca e rimase li, praticamente imperturbabile. Prese su le sue ballerine di lavanda, eleganti e diffidenti nei fili di ferro che non diranno niente di quanto accaduto, casomai se ne fossero accorte. La ballerina si girò e, nuda e bianca tornò dentro.

Le foto le ho trovate QUA'


L'ispirazione al racconto proviene da un libro di Charles D'Ambrosio "Il museo dei pesci morti" Minimum fax




lunedì 5 settembre 2011

La ferita - Elena Chiesa



..Un tema che non è banalmente fatto di amori, bensì intessuto di una trama che potremmo definire “corporea”, un appello esplicito alla «fica» (La ferita, così la chiama la poetessa), che non è la chiave di lettura del mondo secondo l’ottica maschile o courbettiana, ma l’elemento di un corpo ragionante in cui passano emozione e ragione, libertà e schiavitù, ma soprattutto dolori, immensi dolori, molto profondi, lancinanti, che scuciono la femminilità della donna e stabiliscono il segnale di un fronte interno che la abita. La vagina è intesa non come elemento attrattivo ma pensante, luogo fisico di un’identità specifica da cui la donna-poetessa non esprime la sua forza ma la sua fragilità: BELLISSIMA!

Altra roba di questa video poetry la trovi qui, da me Clicca

domenica 4 settembre 2011

Serve mica capire



Capito un cazzo! Però bellissima. Tante volte non serve mica capire o va anche bene capire dell'altro, quel che ti par di vedere, che a vedere serve meno sentire, ma poi la senti lo stesso la voce, e senti che ce l'ha con qualcuno, per qualcosa, bisogna sempre avercela qualcosa, avercela su, addosso, sentirtela. Che vi devo dire?

giovedì 1 settembre 2011

Fate presto voi a dire, fate




Pensavo che fosse Agosto poi, mi son detto magari questa storia finisce. E' un periodo che non mi piace niente. Adesso siamo in Settembre. Mi spariscono le parole. Anche qua, su quel quadernetto, niente. Che cadano per terra? Avevo scritto delle cose, son sicuro. Ci sono ancora i segni lasciati dalla penna nella pagina sotto. Anche queste mettiamo che quando le leggete poi, nello stesso istante gia non le vedete piu, mettiamo. E allora che si fa? Fate presto a dire voi.. Ho i miei bei pensieri no? Su un quadernetto, una volta mi è successo che delle robe che scrivevo poi, restando la le parole andavano a mischiarsi con le altre indietro, una qua una la e cosi anche se le trovavi non riuscivi piu a metterle insieme nel loro ordine. Parole perse, ragionamenti, piccole storie, poesiole. E adesso che ve l'ho detto cambia qualcosa?