lunedì 29 agosto 2011

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Brandelli di tovagliolo di carta forgiati da mani distratte, come d'inconscio si esprime un vago tormento, e chissà a quali parole e discorsi e ragionamenti andavano a torcersi contro. Secondo la mia concezione questo rappresenta un manufatto inconsapevole dell'espressione artistica umana, la sua manifestazione inconscia e spontanea, con un materiale deperibile ed effimero per la sua momentaneità. Rappresentazione simbolica di fantasmi e figure, lasciati su un tavolo, abbandonati allo sguardo disattento e al passaggio di un colpo di spugna della cameriera, gettati per terra o portati via in un piatto, un vassoio, mai tenuti in mano.



Le "foto" che scatto non hanno nessuna velleità artistica, ne ricerca di un qualche perfezionamento tecnico. Le scatto perchè qualcosa mi colpisce, qualcosa che innesca un pensiero, una sensazione, una suggestione. Hanno, in genere un valore documentale, che mi ricorda di tornarci su, a prestare a loro del tempo, dell'attenzione. I simboli sono rappresentazioni arcaiche e profonde che agiscono nel nostro inconscio. Ne abbiamo corredo incistato nel patrimonio genetico e, quindi trasmesse, riemergono. Questa è l'originale, del com'erano quando le ho viste. Poi ho spostato un po i pezzetti di carta evocando nuove figure, fantasmi, angosce, paure.







Mi parevano poi figure teutoniche, mostri arcaici e funesti, dei giganti guerreschi dalla testa d'uccello. Agivano su di me come in un teatrino oscuro e quelle figure le avvertivo possenti, minacciose, inquietanti. La mente tornava ai giochi da bamino, fantasie con cui trascorrevo molto tempo dei miei giochi, ad inventarmi scenografie, luoghi minacciosi, storie in cui terrorizzato scappavo oppure diventavo impavido cacciatore di mostri, un eroe ammirato, integerrimo e puro. Ma guarda te!

Ero con altri poi a quel tavolo. Ci si faceva una birra. Eravamo da Cucchi, un posto dove hanno la Tennent's doppio malto. Mi richiamavano perchè mi vedevano distaccato, distratto. Poi gli ho detto che mi piacevano quei pezzetti di carta. Mi hanno riso dietro. Che amici gnoranti che ho!



Ciò che ci abita, che digrigna d'oscuro
che dispiega gli enemoni e le acque fruscianti
la sciagura che temi in figure, le ombre sul muro.

L'odore del buio che riempie gli occhi
e dietro le palpebre si aggirano inquietanti figure
che ti tengono compagnia negli inverni dell'anima

Invisibili come orti nascosti tra i capannoni
abbandonati delle periferie rifugio di clandestini
e a quelle figure non è chiesto permesso di soggiorno

Quando accadono questi fatti dovrebbe
arrivare la tv, riprendere i mostri sul tavolo,
intervistare chi ha visto, parlare sottovoce
non farsi sentire, recitare preghiere,
sentire gli altri cosa ne pensano,
la ridda di voci, i commenti, fermare la gente,
spiegare, sentire che dicono. Io non dico niente




5 commenti:

Anonimo ha detto...

com'erano messe all'inizio sembrano due corpi dall'alto quello in basso ha una gamba piegata all'indietro un braccio su sulla coscia l'altro a mezz'aria.
la figura di sopra gli da le spalle cerca di prendergli il piede sinistro e con l'altra mano sta in equilibrio mentre le gambe si stanno rattrappendo per puntare i piedi.
nelle altre la danza prosegue e peccato non ne hai fatta una serie più lunga muovendo quei personaggi li avresti potuti montare in una sorta di cartone animato, la prossima primavera ricordati.
la canzone, mi ha fatto dire che questa stagione della mia vita sia la primavera dell'autunno e detta così non fa così effetto come a dire come tutti che è già il tramonto.
che poi, onestamente le stagioni prima di queste non è che io fossi altrove, me le sono pure godute e il più delle volte maledette, quindi che dire, speriamo che questa non arrechi ulteriori dispiaceri e che anzi diventi imprevedibilmente forviera di impensati piaceri!
ogni tanto divento invisibile, del resto non sono più tanto in me ultimamente:)

simurgh ha detto...

Avrei potuto si, creare delle figure, una scena, una sorta di trama ma mi rompevano le balle quelli la con la birra, mi prendevano in giro, almeno tentavano ma poi mi hai chiamato

ladywriter65 ha detto...

Mi piace chi osserva, chi non si ferma in superficie e riesce a trovare anche in dei brandelli di carta un significato, ci si sofferma e ci ricava delle storie ... mi piacciono le storie, forse più ascoltarle che inventarle è sempre stato così e poi magari capita che ci lavoro sopra, le stravolgo, gli cambio un finale o mi ci immedesimo...
Buona giornata.

simurgh ha detto...

LADY
credo che ognuno abbia un catalogo personalizzato di cose che normalmente lo colpiscono. Ognuno ha una mappatura dove vengono collocate e riconosciute. Le immagino divise per categorie con un loro share di preferenze. Per cui ognuno ha le sue specialità. Penso che, quello che ad ognuno colpisce, sia pure per riflesso la descrizione di sè. Una traiettoria per cui uno puo venir identificato, rendersi riconoscibile ma anche mezzo per depistare.
Noi alla fin fine siamo delle storie, noi siamo un racconto, una vita raccontabile in un paio di pagine di quaderno, in un epitaffio, una vita scritta male, parole che restano e che parlano di te. Io, ad esempio ,la mia vita non so mica raccontarla sai.
A me piace quel che scrivi, ricette comprese.

ladywriter65 ha detto...

Ti ringrazio, fatto da te è un bel complimento. Ne sono lusingata.