L'amore è una bestia cronica
Se l’amore fosse tutto occhi e gli occhi fossero due bambini
litigiosi fino voltarsi le spalle, sarebbe la cecitàIl colore che li comprende smetterebbe l’agitazione
prosciugato nella secca di una forra, un botro profondissimo
scavato dal ricordo dell’acqua Se gli occhi fossero due bambini
nello spavento notturno non sarebbero due spille spiaggiate
che appuntano ferite alla luna ma la sagoma offesa di un relitto
Se gli occhi si svestissero sarebbe due fantocci che celiano il firmamento
E se l’amore fosse uno sguardo sarebbero un ragazzo che non vuole niente
Forse l’amore è lo schianto per fusione di una differenza
che pure non pensa al confronto, sul marciapiede del risveglio
gettata com’è senza preavviso, né sussistenza che pure
devi garantire al corpo, nonostante la deflagrazione
con le sue anomalie di lunga e corta gittata, corta come l’amore
compulso che becca doloso la distanza
dal precedente identico, per farsi senza precedenti l’unico
fatto commensurabile, e lunga lunghissima gittata il travaglio
orizzontale che ne viene L’amore è una bestia cronica
che sembra un giocattolo L’amore è un organo inflazionato
una fluttuazione drenante il corpo su scenari vacui L’amore
scompone gli oneri inconsulti delle piccole piaghe, dissangua
senza fine memorie capovolte a svuotarsi Forse l’amore è
una chimera che non assolve i fatti, anzi li assorbe
nella spugna capovolta dei sogni, come l’appetenza vuota
e lontana di un trogolo infiorato tra le fanghiglie duttili e lussureggiante
e l’inciso pacioso di un grugnito che significa tutto Forse è il porco
di peso sollevato al giogo delle altezze che mente franchigie superiori
O la lingua sonora di una decade di grigi riarsi
che slavano il basso della torba con un’eco di vetro e polveri
scomposte nella facezia del cammino Forse
l’amore è un’allergia che poi entra in gioco
una ferma miscredenza sull’allergene che gli confonde i fiori
che lo estenua e che lo finge che lo arde di continuo sotto le meningi
lo buca, lo inghiotte, prolifera muco nei turbinati convulsi
e nell’unica profumazione sua, lo respira Forse
l’amore è questa mattanza nel profondo delle labbra
nonostante il risaputo sia querulo come il pantalone stellato
con cui non osi dormire E’ la gorgiera scollata di ogni decadenza
e il cane inalberato del distacco E’ la preghiera che pregando espia
il pregato Il lacerto, il travaglio fobico di un copione strappato Il sandalo
sfatato che calza discordia, la colonna obliterata delle scelte
la scapola crollata che astiene un vagito sorridendo
Viviana Scarinci
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