domenica 31 luglio 2011

un mercoledi da leoni

Tra i miti personali, questi quasi nove minuti finali di Un Mercoledi da leoni


"È l’alba. I tre uomini sono sulla soglia di una porta dagli ornamenti arcaici, in cui più tardi comparirà un simbolo solare esoterico. Sotto di loro, una scalinata diroccata, un paesaggio di rovine. E, ancora oltre, la spiaggia, il mare, le onde. Un momento iniziatico. È l’incipit di Un mercoledì da leoni, pellicola cult del “fascista zen” John Milius, struggente inno alla libertà, all’amicizia e alla gioventù che a maggio compirà trenta anni."

Compiamo riti iniziatici,riti di passaggio, definiamo la nostra privata epopea attraverso riti simbolici: la grande impresa, un uomo solitario che si inventa la sfida, con se stesso, contro o per non importa, è incontrare sè stesso in fondo che cerca, averne di questo l'orgoglio, il vanto di essersi dimostrato, anche fosse l'ultimo in altro, in ciò che da lui ci si aspettava e che magari ha fallito, non importa, spesso è l'impresa che conta, che riabilita, che ti mette in pari con gli altri ma, sopratutto con te stesso e allora ci inventiamo punti apicali di tutta un'esistenza, anche un solo momento che sappia levarti il fiato, bfar vedere quanto vali, dove rischi e ti giochi tutto, il rispetto di te stesso al di la che uno metta su famiglia, o ci si sistema, c'è chi muore e chi si rassegna però nell'uomo alberga questa atavica, ancestrale necessità, che non ti insegnano le madri, viene trasmessa per via antropogenetica (si può dire cosi?)edè uno strano affare questo, che proviene dal mito, dalla leggenda e noi, maschi essenzialmente ce la si trova dentro, la si impara tra pari, crescendo, attraverso riti di passaggio, codice segreto, cosa molto seria, dove s'impara e si trasmette l'imprinting d'essere uomini, (cosa strana anche questa da spiegare)la grande onda, inseguirla per anni, tenersi pronti, ritrovarsi la ogni volta, l'onda che spazzerà via tutto e noi la in piedi, davanti, pronti anche a morire per rimanere sè stessi, anche se cambiando,anche solo per raccontarlo, noi c'eravamo, eravamo li quando arrivavano le quattro grandi mareggiate (del 1962, 1965, 1968 e, l’ultima, quella memorabile del 1974).

Mi viene in mente perchè Un Mercoledi da leoni è stato anche quello di Federica Pellegrini l'altro giorno, mercoledi 27. Ed ero la commosso ad assistere alla sua impresa, a sfidare a suo modo l'onda, provavo orgoglio e la sognavo mia figlia.Provavo orgoglio per l'italia dei semplici, che si fanno il culo per un sogno, non dico lo sia lei, non è questo, anche se è strafiga. Son cose che mi cavano il fiato.

L'acqua, non importa quale e neanche la roccia o il cielo. Nelle le acque esotiche del Mekong, dove è ambientato quell’Apocalypse Now : «Charlie don’t surf»: la battuta del pazzoide tenente colonnello Kilgore, impegnato a cavalcare le onde in mezzo alla “sporca guerra”, è entrata a pieno diritto nella storia del cinema. “Charlie”, ovvero il vietcong, nel gergo militare statunitense, “non fa surf” ed è probabilmente questa, al di là di ogni altra motivazione politica, la allucinata logica in base alla quale se ne reclama la distruzione. La battuta di Kilgore ispirerà i Clash – Charlie don’t surf è il titolo di un loro singolo


I Baustelle, che sono senesi, riprendono questa canzone ribaltandone la sentenza con il loro
"Charlie fa surf". Un altro inno alla giovinezza libertaria, ribelle al "mondo di grandi e di preti", decadente e nichilista ma sempre ad inneggiare al mito e alla rivolta, per quella libertà che ogni generazione reinventa

«Vorrei morire a questa età,
vorrei star fermo mentre il mondo va:
ho quindici anni. Programmo la mia drum-machine
e suono la chitarra elettrica: vi spacco il culo.
È questione d’equilibrio, non è mica facile.
Charlie fa surf, quanta roba si fa, MDMA».


2 commenti:

teti900 ha detto...

Lascio a te queste impronte sulla terra
tenere dolci, che si possa dire:
qui è passata una gemma o una tempesta,
una donna che avida di dire
disse cose notturne e delicate,
una donna che non fu mai amata.
Qui passò forse una furiosa bestia
avida sete che dette tempesta
alla terra, a ogni clima, al firmamento,
ma qui passò soltanto il mio tormento.

da: Il volume del canto di Alda Merini

prima che mi scippino anche questa, l'ho piazzata qui che secondo me ci sta bene per via del discorso che si faceva e diceva che "Non è tanto dall’esempio dei padri che i figli ricavano il gusto per quell’avventura, ma forse proprio dal fatto che alle madre non viene concessa e così la trasformano in sogno per i figli mentre alle figlie insegnano l’arte di sopportare questo destino infame che affligge relegandole al ruolo di ombra alle spalle dell’uomo importante o a quello di ombre di se stesse se non sono state neanche capaci di esser quello:))"

ps stanotte ti ho sognato, un cameo, niente di che, ma è qualcosa e la cosa di ieri poi forse era inutile perchè ci sarebbe un altro sistema, ma va benissimo anche com'è adesso, solo volevo dirtelo, nel caso riservisse c'è il modo.

teti900 ha detto...

pps niente ignora il ps, a parte il sogno, sull'altra faccenda mi sono informata, non c'è alternativa:)