Questo post era dimenticato nelle bozze. Era marzo quando lo misi assieme.
A me ricorda mio nonno in questa foto. Vittorio, a volte lo vedevo con lo stesso sguardo perso, che non sembrava avere parole ne precisi pensieri. Però so che vedeva, solo sentendola dentro la poesia.
In realtà è Emanuel Cavalieri.
Erri De Luca dice che, la nostra è una piccola lingua. Nel senso che è parlata solo da noi e una piccola quota di svizzeri. Oltre a questi fu parlata dai nostri emigranti in terre d'esilio per scampar alle miserie. Tra questi qualcuno scrisse, anche se nessuno se lo ricordò fintanto che...Scrisse poi quel che scrisse nella lingua di quella terra che l'ospitava: in inglese.
Al tempo erano versi di un italiano che un altro italiano doveva leggere in un'altra lingua:
"Che passino il pettine tra i loro capelli
Le grottesche commesse di bottega
Secondo qualche foggia buffa
Che si dipingano le labbra
In uno strillo rosso
Che impolverino quelle loro facce a secco
Io penso a loro
Davanti ai loro specchi
Che cercano di fare una poesia"
Emanuel Cavalieri, dice De Luca, è uno dei nostri sprechi.
Lo definirono un Rimbaud italiano, era qualcosa che ti prendeva fuoco tra le mani, una fiamma bruciata in fretta, una saetta, un'urlo. Una specie di Jim Morrison, uno di quelli che non dovrebbe superare i 27 anni.
Quando usci per l'Adelphi, per la prima volta tradotto in italiano, nel 78, lessi la recensione sul Manifesto. Me lo portai via quando con la macchina Gigi, un anarchico come Valerio e Franco, un comunista come me, andammo a Poppi, in una comune, a trovare della gente che conoscevano loro. Loro avevano una biblioteca in quella casa in mezzo ai boschi. Alla sera lessi delle poesie dii Carnevale, mentre stavamo la a bere vino e farci canne. Poi glielo lasciai il libro. Non l'ho piu ricomprato. Dovrò farlo.
I Movie Star Junkies cantano una canzone di Emanuel "Almost a God"
" È il 1914, un italiano a New York. Si chiama Emanuel Carnevali ed è di origine fiorentina. Diciassette anni, «povero essere dalla testa grossa e dalle fragili spalle», si porta dietro una travagliata vicenda familiare. Una coppia ferocemente "scoppiata", quella dei suoi genitori, e prima ancora che lui nascesse: la mamma, Matilde Piano, buona e sensibile, ma in gravidanza diventata schiava della morfina; il babbo, Tullio, violento, geloso, capace, quando vivevano insieme, di picchiarla per ogni più piccolo pretesto. Matilde muore nel 1907, affidando il bimbo alle cure della sorella Melania, anche lei con una storia di sofferenze e di abbandoni: ha due figli, Federigo e Leonardo, nati da padri diversi e irresponsabili. Uno scenario del genere sembra fatto apposta per partorire fremiti di rivolta. Mescolati a una nativa, istintiva tensione poetica alta e a un'oscura voglia di verità e di assoluto. Come dire, il seme del Novecento più creativo e distruttivo.
Ecco perchè forse va in America"
Ci rimarrà otto anni. Un giorno scriverà una lettera ad un altro poeta: "I want to become an american poetry", voglio diventare un poeta americano. Tornato in italia continuerà a scrivere in inglese, ma come fosse solo un dialetto.
Mia madre (Se clicchi la appare una pagina molto bella, scritta ricordando lei) la madre, vera «Mater dolorosa» a cui va tutto l’affetto e la gratitudine dello scrittore per le sofferenze patite a causa della famiglia. Alla figura materna è da accostare quella della zia, a cui egli afferma di dovere l’educazione dell’anima: «Non avevo miglior confidente, miglior compagno, nessuna persona più cara di lei. Ho l’impressione che fu lei a fare di me un poeta, anche in quei lontani giorni dell’infanzia e dell’adolescenza»
I "Massimo volume" dedicano una canzone a Carnevali "Il primo dio"
"È una vita in corsa: c'è da dire, da fare, da scrivere. A Chicago, dove si è trasferito, in una memorabile serata-party con gli altri artisti di Others, Emanuel, conosciuto come "the black poet", prorompe in una infuocata invettiva «contro i tecnici e i professionisti della poesia». Suscita scandalo, ma anche commossa ammirazione: ad esempio in William Carlos Williams che da quel provocatorio talento è colpito e incitato a percorrere nuove strade. Ma la "dannazione" incalza Emanuel. Con la foga autodistruttiva, la vita in strada da barbone mantenuto dalle prostitute, la sifilide, l'internamento in ospedale. Dove andare, come salvarsi? Per qualche tempo si rifugia
sulle rive del lago Michigan e l'assalto del male pare allentarsi. Ma l'abisso è sempre lì, atrocemente invitante. Non può lavorare, le mani gli tremano. Gli amici gli pagano il biglietto della nave che lo riporterà in Italia, dove passerà da una casa di cura all'altra, col marchio della "psicopatia degenerativa" o "encefalite letargica". Eppure Emanuel non è finito, non finisce. Anzi, nel 1925 è tra i collaboratori di The Quartet, fondata a Parigi da Ernst Walsh, insieme a Gertrude Stein, Hemingway, Pound. Ed è proprio Ez a fare il nome di Carnevali in un'intervista a un giornale italiano, a commissionargli la traduzione dei primi Cantos, a lanciare un appello per quella giovane folgore spersa nel buio: un appello accolto dal ministro Federzoni che lo fa trasferire in un ospedale di Roma, dove si sta sperimentando una nuova terapia contro l'encefalite. Ormai, però, Emanuel è "una nera caverna", "una stanza chiusa". Dove il destino entra con un ghigno, facendolo morire strozzato da un boccone di pane l'11 gennaio 1942. Pane amaro e morte annunciata: una verità "cattiva", coltivata di poesia in poesia."
Mario Bernardi Guardi
. Dopo la morte prematura di Carnevali, sopragiunta nel ’42, su di lui e sulla sua opera, solo il silenzio, fino al 1978, quando Adelphi pubblica Il primo dio (Poesie scelte- Racconti) a cura di Maria Pia Carnevali, sorella e curatrice degli scritti di Emanuel.
Emanuel, vive l'avventura della creazione della dissipazione, con ebbrezze e furori che evocano Rimbaud e anticipano la "beat generation". «La poesia è la vita», proclama. La sua urgenza di "vero" lo spinge a scavare nel cuore della metropoli, in una cerca affannosa. Deve svelare, svelarsi. Non è questo lampo, la poesia? Gli incubi del passato pesano, fanno sanguinare il presente: «La follia verrà a sedersi accanto a me/ e mi passerà/ le mani nei capelli». Negli intensi "Cenni biografici" che ha stilato, Francesco Cappellini evidenzia questa oltraggiosa oltranza di Carnevali, ma ce ne mostra anche l'energia propositiva, perché Emanuel entra in contatto epistolare con i più importanti scrittori italiani del momento - Palazzeschi, Govoni, Saba, Slataper, Soffici, Papini - e per primo li fa "sbarcare" in America traducendoli in inglese.
Acustimantico: EM ovvero Emanuel Carnevali va in America
"Tutte le ombre parlano del sole, sottovoce"
Carnevali sostiene una concezione della poesia che non sia mera tecnica e lavoro di superficie, ma derivazione diretta dall’umanità della persona, intesa come totalità, nella sua vicenda biografica, fisica e psicologica.
(Questa qua sotto è giusta per il post della zia)
Le sue labbra sono rose
che imputridiscono nell’acqua.
Le sue palpebre due avvizzite
viole.
I suoi occhi sono pozzanghere.
La sua voce è quella di un uccello
mentre lo strozzano.
La sua giovinezza, passando,
indugia nelle sue mani.
Esse si librano, fluttuando,
come due farfalle
sul cadavere della sua carne.
C’è un capriccio sinistro in lei,
come di una bocca morta
che sorrida.
Le sue gambe ben tornite
raccontano una impudente bugia.
La sua anima giace
nel disordine di un’orgia,
sulle cui ceneri e gli sparsi avanzi
pende, come fili di fumo azzurro,
una eleganza di piccoli gesti.
Marzo 1923
(Il Primo Dio)
Il giorno mi pesa addosso come una tonnellata di fumo.
Le cose già fatte sono
cadaveri che riempiono di fetore
le stanze grigie dei miei ricordi.
Il futuro è una fila di
bambini nati morti.
La pozza dell’oblio è fangosa.
Solo ricordi in lenta marcia
avanzano lungo la strada dell’oggi. Cielo grigio
per ridestarmi in un momento.
Ma un sonno tetro è il programma per oggi:
sonno che sale dal cuore
come un gas nero.
Io so che per avere dormito a lungo
i morti hanno ripreso forza.
In giorni come questi
spalancano a calci le loro tombe
e ne balzano fuori con eleganza.
Sussurrano orribili segreti
l’uno all’altro e a me.
Portano i loro sudari e
li scuotono animosamente.
O Divinità del terrore e della malinconia
vienimi in aiuto!
Ho ancora baci sfioriti per te,
baci che non voglio buttare via perché sono molto povero,
distaccami dai miei ricordi.
Essi mi inquietano tanto che il sonno sussulta e fugge,
sussulta e fugge
2 commenti:
bravo zioSIM, lo vedi che quando ti impegni le dici in ordine?
poi ovvio, marzo è stagione di contromigrazioni:)
ne hai altre di allora? ne hai? le metti?
buon sabato e domenica, cip cin e slap
ziateti
Ho conosciuto Carnevali grazie ai Massimo Volume. Ho poi cercato e letto "il primo dio" e mi è piaciuto molto.
per questo questo voglio farti i complimenti per questo post, bello e interessante.
(mi sa che hai scritto un paio di volte cavalieri invece che carnevali)
Posta un commento