domenica 22 maggio 2011

Nowhere



La prese per la vita e si chinò a baciarla
spostando appena, con un dito, il colletto della camicetta
e con il dito andò giu fino all'orlo del reggiseno.
Non era mai stata prima a casa sua
anche se abitavano vicini, in quella campagna piatta.
Il seno di lei ebbe un sussulto quando si sentì sfiorata dal suo dito.
Alle spalle di lui vide le tenda gonfiarsi e sollevarsi
Entrò una piuma marrone di gallina che si posò sul tavolo.
Lui andò a chiudere la finestra. Lei cominciò a spogliarsi.
Si sedette sul bordo del letto e vide con quanto ordine
teneva quella casa. Ma questo l'aveva immaginato.
L'uomo si pose davanti a lei sbottonandosi la camicia.
Un bottone si stava sfilando e il filo penzolava un pò.
"Sei sicura?" lui le chiese. C'era un merlo che cantava fuori.
A lei era morta la bambina, un anno prima.
Non era in grado di rispondere a quella domanda:
Sei sicura? Non era piu sicura di niente. Che domanda era?
Lui era il miglior e forse l'unico amico di suo marito.
Appoggiò con cura la camicia sullo schienale della sedia.
Dopo che era morta la bambina, niente è stato piu come prima.
-Ti piace mia moglie?- gli aveva chiesto una sera il suo amico.
-Ti piace eh? Lo vedo da come la guardi- Quella sera lei aveva capito.
Lui li piantò li . Andò a letto. Loro rimasero in cucina.
Per parecchie settimane, dopo che era morta la bambina,
lui la prendeva ogni notte, senza baciarla;
senza una carezza. La girava e la prendeva da dietro
con un affondo rapido. Si dimenava un pò sopra le natiche
e appena finito crollava e prendeva sonno. Lei piangeva.
Niente era stato piu come prima. Lei voleva andar via.
"Purtroppo credo che dovrò lasciarlo"gli disse lei quella sera in cucina.
Lui si levò i pantaloni e li piegò con cura sulla piega.
Li appoggiò alla sedia e dalle tasche cadde una monetina:
La monetina rotolo girando in tondo sulle assi di legno
Poi si fermò tremolando sotto il letto. Lei sospirò.
Disse al suo amico che voleva lasciare il marito quella sera.
Non aveva preso in considerazione quella cosa
fintantoche non aveva pronunciato quelle parole.
Rimase sorpresa. Era sorpresa anche di esser li adesso.
Era una giornata calda di primavera e i ciliegi erano colmi.
Sopra il comodino era incorniciata una frase all'uncinetto.
C'era scritto -C'è che si intende di tempo, chi di altro-
"Non piangere adesso" Le disse lui accarezzandola.
E si lasciarono andare, stendendosi sul letto.
Delle nubi scure si erano accumulate in fondo, oltre i ciliegi.

sabato 21 maggio 2011

Tanto che resta?



Come a volte ci si trovi inospitati da sé
Come si senta possibile il luogo tuo perduto
E allora vorresti sentire una nenia,
una voce che ti dice vien qua
Appoggia il tuo viso al mio petto fiorito
ricolmo di grazia e di spasmo
e sentire un tintinnio, le campanelline dentro di sé
invece sei la che stringi una pistola in mano
e cerchi qualcuno da uccidere nel buio
I tuoi cani neri.
Invece ti senti erratico in zone d’ombra
dove cani ringhiano senza che puoi vederli
anche se li senti morderti dentro
e colarti la bava, sulle ferite.
Fai quello che hai imparato da tempo:
fare scempio della propria vulnerabilità
e incamminarti in quell’arso e farsi distacco
affinché lo si possa toccare, sentire, morire
Indifferente a quei morsi, alla sofferenza
portare le stimmate su quell’io in avanscoperta
dubitando della sincerità di ogni nostro sentire
Il prezzo che si paga per ogni abbandono
all’impossibilità e incapacità di trattenere
e allora ti pieghi al proprio disprezzo
Preferisco una colica ad una poesia che concilia
per volgere lo sguardo altrove e dire io non sono così
Sono solo un essere schifoso che si da fastidio da sé
Per salvarsi, mica per altro e che l’amore
sia solo cio che accade. Niente altro
e levarmi in un volo dove sono gia uccello straniero
A che serve dare un senso alle nostre mancanze?
A che serve?
Anche gli angeli si inginocchiano
implorando la stella del nord
Li ho visti.
Son stato con loro una volta

(simurgh)

giovedì 19 maggio 2011

David Lynch -- The Alphabet



In quel periodo ero sposato con Peggy Lentz. Anche Peggy studiava all’accademia.
Era una bellissima ragazza con una splendida voce ed era un’eccellente pittrice.
Una volta in cui Peggy era andata a trovare i suoi genitori, trovò li anche sua nipote. In una stanza buia, in un lettino, stava facendo un incubo in cui ripeteva continuamente l’alfabeto.
Peggy mi raccontò questa storia che ha scatenato qualcosa dentro di me.
E così ho iniziato a lavorare a “ The Alphabet” che si ispira appunto, all’incubo della nipote di Peggy, come io l’ho immaginato.
(David Lynch)

A
Un fumetto di Alì Cetinkaya






















mercoledì 18 maggio 2011

Nowhere 7

- Ci dice che và tutto bene: stiamo solo morendo





INDUSTRIAL SYMPHONY NO.1: THE DREAM OF THE BROKEN HEARTED
1989 - 50 minuti
Regia:David Lynch
Sceneggiatura: -
Cast: Nicolas Cage, Laura Dern, Julee Cruise

E' un lavoro teatrale che gli fu commissionato, come spettacolo d'apertura, di un festival di performance musicali sperimentali. Un festival fondato da, nientepopòdimeno, David Byrne e Laurie Anderson due leggende, per me. Questa roba ci mette un paio di settimane a metterla in piedi, assieme al suo socio e compositore Angelo Badalamenti.
Cogli l'occasione per mettere in vetrina qualche canzone che Lynch, assieme a Badalamenti, ha scritto per la cantante Laura Dern.
La storia parte da questi due che si lasciano per telefono. Un breve dialogo. I due sono Nicolas Cage, Laura Dern. Lui la lascia, lei stà male., ed è sconvolta e lo supplica di non lasciarla. Il resto del film da l'idea del delirio e il sogno di questa donna disperata dopo la partenza del suo amante. Una storia che finisce, come tante. Quel che accade nel filmato è ciò che succede nella mente di lei. O, meglio ciò che Lynch Credo siano queste le intenzioni. Un pretesto per tirar fuori un po di numeri di Lynch dalla sua bottega sperimentale. Piu che altro si tratta di un video musicale esteso e quelle canzoni a me piacciono un sacco. Il testo di quella canzoncina "Rockin' Back Inside My Heart", condensandolo dice, piu o meno:

Dillo al suo cuore che quello sono io
Diglielo che il suo cuore sono io
Ti voglio
Rockin torna 'dentro il mio cuore
Ti voglio
Non potrai mai andare ad Hollywood
Diglielo al suo cuore che mi fa piangere
Ditelo al suo cuore che non mi faccia morire

Ti ricordi il nostro pranzo al sacco?
Siamo andati assieme fino al lago
E poi abbiamo camminato tra i pini
Gli uccelli hanno cantato una canzone per noi
Poi abbiamo visto un incendio quando siamo tornati
E il tuo sorriso era bello
Hai toccato la mia guancia e mi hai baciato
Di notte siamo andati a fare una passeggiata
Il vento soffiava tra i capelli
Il fuoco ci ha fatto caldo
Il vento soffiava sulle onde
Fuori sul lago
Abbiamo sentito il gufo in un albero vicino.
Pensavo che il nostro amore sarebbe durato per sempre.



Non mi pare una delle sue cose migliori questa Industrial Symphony di Lynch ma ci sono sequenze veramente potenti, che ci porta nei sogn di una heartbroken, per mostrarci "dove le storie d'amore vanno a morire, la discarica dei sentimenti, l'obitorio delle storie finite male" . Non è che si capisca facilmente tutto questo. Lynch, in fondo, sempre sollecita all'abbandono che consente di seguire il flusso immaginativo ed intuitivo. L'intuizione è sollecitata dal linguaggio cinematografico. Esprime concetti che difficilmente le parole sapranno dire. L'intuitività, come linguaggio dell'inconscio, si è abituati a diffidare, a fidarci poco ed è perchè quasi mai la sappiamo usare. Quello che a me piace di Lynch è questa esortazione a tracciare percorsi semantici attraverso traiettorie divaganti e personali. Un modo forse che puo essere tacciato di non dire niente, ma non è che voglia dir per forza qualcosa a qualcuno ma, che quel qualcosa, usando le traiettorie intuitive, può portar ognuno da qualche parte che, non necessariamente è la mia. E' l'ascolto associativo delle emozioni, la loro fenomenologia.
La visionarietà che stimola il sarcofago onirico. in un sormontarsi ininterrotto di immagini, ne fa scaturire una sorta di linguaggio oscenico, dove giganteschi idoli pagani danzano macabri in una sorta di ballo surreale assieme a bambole impiccate e funesti presagi. In mezzo a tutto questo la voce di Julee Cruise, come indifferente a quanto sibila d'orrore attorno lei, canta le sue canzoni d'amore.





Il palcoscenico è ingombro di spazzatura: assemblaggi di travi in acciaio, auto distrutte, barelle ospedaliere, passerelle in alto di metallo. L'insieme dà l'impressione di una fabbrica abbandonata, illuminato con una gamma di proiettori che spazzano continuamente in giro, dando al film una qualità strobing con luci e ombre che interagiscono, come succede dentro di noi.


Dove vanno a finire le storie d'amore
quando le storie finiscono e finisce l'amore di uno
ma non quello dell'altro che ti rompe la testa
e ti spacca l'unico cuore ma potrebbe spaccarne cento?
Dove finiscono gli amori quando qualcuno li rompe?
Dev'esserci un posto dove andare per ritrovarli e piangerci sù.
Una canzone d'amore c'è sempre per i condannati alla pena.
Identità del dolore che prendono forme caleidoscopiche.
e si accoppiano con mostri negletti nascosti dentro a noi
In luoghi segreti che neanche sapevamo d'avere.
Ed è un piombare nel buio della tua mente
dopo che qualcuno ha sventrato l'interruttore
Non resta piu niente oltre quel buio se non l'annegare
abbandonarsi al fondale, sprofondare ancora piiù giu.
Quanto ci vorrà? ti chiedi. Sei mesi? Un'istante infinito?
Oppure nove, se vuoi partorire dei nuovi mostri d'amore.
(simurgh)


Lynch infine, non lancia messaggi. Paralizza piuttosto. Mescola carte e niente è mai certo. Lynch non credo voglia insegnare nulla se non di cercare in noi quel linguaggio intuitivo e ad esso abbandonarsi. Non indica vie. Forse, l'unica, quella di perdersi. Lui esplora il suo incubo e ne è inesorabilmente attratto. Come anch'io d'altronde, fino a che imparerò a non averne paura. Lynch ci dice che va tutto bene: che stiamo solo morendo.

Lunga vita a David Lynch

domenica 15 maggio 2011

Industrial+Symphony+No+1++Partie3sur3

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