lunedì 9 gennaio 2012

La parrucchiera di Dresda 1 di Patricio Pron


Ci sono storie cosi, senza storia. Fatte di scarti minimi, un pensiero, una sensazione, un sentimento fugace. Storie che sollecitano l'osservazione di sè, una sensibilità al dettaglio. Un'esercizio di stile minimalista che, personalmente mi invischia. Come fare un disegno che ne colga un'essenza, una rappresentazione situazionale, un'emozione. La solitudine, in questo caso. Questo racconto è una sorta di riduzione di uno di Patricio Pron. "Il taglio di capelli". (1)
(Illustrazione di Manuele Fior)
La parrucchiera di Dresda
Le ciocche di capelli neri cadevano sulla mantellina soffici come amputazioni di nuvole nel cielo del sud. In quella germania gelida a cui non si abituava, taglairsi i capelli le pareva forma d'integrazione. Che potesse sentirsi meno sola e lontana da casa. Casa a cui non sarebbe piu tornata. Sua madre, tra l'altro, non le avrebbe mai permesso di tagliarsi la sua bella chioma fluente e nera. 
La prima volta che era entrata da quella parrucchiera non c'era nessuno, come oggi. Aveva un aggeggio sulla porta che suonava quando qualcuno entrava. Già questo l'aveva un po intimorita. E poi l'aveva guardata storta la parrucchiera bionda, dicendole che lei tagliava capelli solo ai maschi. La ragazza aveva insistito educatamente e la parrucchiera fu mossa da una sorta di compassione. D'altronde li voleva corti, da maschio. Voleva darsi un segno simbolico di cambiamento. E poi, i suoi erano neri. Questo aumentava in lei il senso di stridimento, di attrito, quel sentirsi esclusa pensando potessero essere visti con fastidio. Questo pensava la ragazza. In quel posto erano, ovviamente, tutti biondi.
Ora ci andava quasi ogni mese a sfoltirli. Ci andava con soggezione. La parrucchiera le metteva la mantellina senza neanche salutarla.  Lei ammirava le sue mani veloci e sicure che le ronzavano attorno alla testa come api operose. Questo la incantava. Erano mani piccole e agili. Le davano un senso di sicurezza e protezione, quasi paterno. Era tutto cosi diverso, aveva pensato la ragazza quando decise di andare dalla parrucchiera, che doveva pur dare un segno a quel cambiamento. Per lei era come una prova, un rito che sanciva un traghettamento, un transito. Pensava cosi di sentirsi poi piu forte e sicura. Pensava addirittura di tingerseli un giorno, di farsi bionda. La parrucchiera non era tedesca, era polacca. Con lei avrà scambiato in tutto cinque parole ma lo aveva saputo da quella che gliel'aveva consigliata. Qualcuno passò davanti alla vetrina e la ragazza si girò istintivamente. La parrucchiera avverti il movimento e le caddero le forbici sulla mantellina. - Mi spiace - disse la ragazza. - Mi scusi lei - rispose meccanicamente la parrucchiera, riprendendo 
le forbici dalla mantellina e tirando via i capelli dalle lame con i denti a punta. Riprese a tagliarli senza dire niente. La ragazza avvertiva il torpore che le produceva quel suono ipnotico delle forbici e il movimento delle mani della parrucchiera bionda. 
- La curiosità uccise il gatto. - disse  tra sè e sè la ragazza, come a volersi giustificare per il movimento maldestro che aveva compiuto con la testa. La parrucchiera smise di tagliare, lasciando le forbici sospese in aria. - E' un proverbio che si dice dalle mie parti...l'ha mai sentito? - continuò la ragazza. - No. - disse la parrucchiera. - Cosa vuol dire? - chiese alla ragazza. La ragazza parve riflettere. - Che il gatto è curioso, penso. - Non ci aveva mai pensato a cosa volesse dire. -  Allora la parrucchiera gli chiese: - Allora chi è curioso muore? - La ragazza non sapeva cosa risponderle. Le disse che - la curiosità ti fa fare cose rischiose - disse.
La parrucchiera rimase in silenzio, come la trovasse banale, e riprese a tagliare.
Proprio per questo alla ragazza piaceva la parrucchiera, per questa spiccia serietà, senza troppe confidenze. Come la prima volta, quando gli aveva detto che tagliava solo agli uomini, ecco, perentoria, inflessibile, quasi orgogliosa, caparbia è la parola giusta. La ragazza lo riteneva tipicamente slavo quel modo, pensò. Glieli stava tagliando sulla nuca e, alla ragazza piaceva quando sentiva le sue dita infilarsi tra i capelli. Chiudeva gli occhi. Pensò che avrebbe dovuto aspettare un altro mese prima di tornare. Si vergognò di questo pensiero. Non era mica una sua amica, si disse. Eppure le sembrava la persona che sentiva piu vicina, almeno li, in germania.
(continua) 

(1) Pubblicato nella rivista "Internazionale"
Lui è Patricio Pron clicca  anche QUA' (un argentino. Non c'è niente di tradutto di lui in Italia, credo. Questa è un po una libera riscrittura.
Troverò il tempo, magari scrivendolo nei commenti, di sciogliere le sensazioni che mi ha dato questo racconto. Che faccia.





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