(Illustrazione di Manuele Fior)
Tom Waits - I want you
La parrucchiera si fermò. Il suo sguardo era distratto. La vide guardar fuori in strada.
- Non penso che essere curiosi sia una cosa che ti fa fare cose rischiose - disse poi.
- Beh,- disse la ragazza, sorpresa che avesse ripreso il discorso. - Mi viene un mente un gatto che si specchia nell'acqua e, curioso di vedere un'altro gatto che lo guarda, si tuffa nell'acqua per giocare o attaccarlo e, cadendo poi annega. -
La parruccbhiera ci pensò un po, poi disse: - Mi viene in mente che quando ero piccola, in polonia, mio padre annegava sempre i gatti piccoli, che la nostra gatta sfornava ogni stagione. Li metteva dentro un sacchetto e li gettava nel canale.-
La ragazza vide gli occhi della parrucchiera intristirsi. Malinconia e dispiacere erano sensazioni che conosceva.
- Se quei gattini piccoli avessero potuto vedersi specchiati nell'acqua, disse la ragazza, magari potevano pensare che andavano a giocare con altri gattini, invece di morire.-
- Hum...è una bella idea. Avrebbe reso loro la morte piu sopportabile. - disse la parrucchiera sorridendo. - Non so se ai gatti dispiaceva di morire peò, continuò la parrucchiera, se ci pensavano voglio dire -
Chiacchierarono un pò cosi, facendo strane congetture. La ragazza pensò che non aveva mai parlato cosi tanto con una persona, in germania. Poi rimasero a lungo in silenzio. Il movimento veloce delle forbici, quelle mani operose. La ragazza pensò per un attimo che la parrucchiera fosse la sua unica amica, in quella terra cosi estranea dovve si sentiva cosi sola. Se la solitudine parlava qualche lingua, avrebbe parlato il tedesco pensò. Poi pensò che le sarebbe piaciuto chiedere alla parrucchiera se le andava di andare a bere un tè con lei qualche volta, da qualche parte. Le sarebbe piaciuto ma non glielo avrebbe chiesto. Di che cosa avrebbero parlato? Non avrebbe saputo cosa dirle. Allora si immaginò la scena di loro due in un locale a stare li assieme a raccontarsi delle cose. Le venivano in mente le domande piu futili, le sue storie senza interesse. Non avrebbe saputo come interessarla.
Pensava a queste cose, senza accorgersi che intanto la stava spazzolando e le tirò via la mantellina chiedendogli se il taglio le piaceva e le mostrò con lo specchio la nuca. -Si mi piace. Mi piace come me li taglia. Lei è brava. -
Le disse il prezzo e le scrisse sul blocchetto la ricevuta.
Non sapeva neanche lei come le venne la forza o il coraggio di chiederle - Mi piacerebbe, se andasse anche a lei, di andare a prendere un tè assieme. Non conosco nessuno in città e cosi, per fare due chiacchiere, stare un pò in compagnia...- La parrucchiera la guardò prima perplessa, poi parve sgomento quello nel suo sguardo, che si fece in breve sospetto e diffidenza. Non le rispose neanche e si avvicinò alla porta per aprirle. Suonò il campanello. La ragazza si sentì morire dalla vergogna. Arrossì e si allontanò sulla strada. Pensò che non avrebbe neanche piu avuto il coraggio di tornare da quella parrucchiera. La parrucchiera la stava guardando dalla vetrina allontanarsi. La ragazza pensava al proprio errore. Che se fosse tornata la magari non avrebbe neanche voluto tagliarglieli ancora o, l'avrebbe fatto malvolentieri. Le venne da piangere. Tornò a casa. Non le accadde piu niente poi, quel giorno a Dresda.
- Non penso che essere curiosi sia una cosa che ti fa fare cose rischiose - disse poi.
- Beh,- disse la ragazza, sorpresa che avesse ripreso il discorso. - Mi viene un mente un gatto che si specchia nell'acqua e, curioso di vedere un'altro gatto che lo guarda, si tuffa nell'acqua per giocare o attaccarlo e, cadendo poi annega. -
La parruccbhiera ci pensò un po, poi disse: - Mi viene in mente che quando ero piccola, in polonia, mio padre annegava sempre i gatti piccoli, che la nostra gatta sfornava ogni stagione. Li metteva dentro un sacchetto e li gettava nel canale.-
La ragazza vide gli occhi della parrucchiera intristirsi. Malinconia e dispiacere erano sensazioni che conosceva.
- Se quei gattini piccoli avessero potuto vedersi specchiati nell'acqua, disse la ragazza, magari potevano pensare che andavano a giocare con altri gattini, invece di morire.-
- Hum...è una bella idea. Avrebbe reso loro la morte piu sopportabile. - disse la parrucchiera sorridendo. - Non so se ai gatti dispiaceva di morire peò, continuò la parrucchiera, se ci pensavano voglio dire -
Chiacchierarono un pò cosi, facendo strane congetture. La ragazza pensò che non aveva mai parlato cosi tanto con una persona, in germania. Poi rimasero a lungo in silenzio. Il movimento veloce delle forbici, quelle mani operose. La ragazza pensò per un attimo che la parrucchiera fosse la sua unica amica, in quella terra cosi estranea dovve si sentiva cosi sola. Se la solitudine parlava qualche lingua, avrebbe parlato il tedesco pensò. Poi pensò che le sarebbe piaciuto chiedere alla parrucchiera se le andava di andare a bere un tè con lei qualche volta, da qualche parte. Le sarebbe piaciuto ma non glielo avrebbe chiesto. Di che cosa avrebbero parlato? Non avrebbe saputo cosa dirle. Allora si immaginò la scena di loro due in un locale a stare li assieme a raccontarsi delle cose. Le venivano in mente le domande piu futili, le sue storie senza interesse. Non avrebbe saputo come interessarla.
Pensava a queste cose, senza accorgersi che intanto la stava spazzolando e le tirò via la mantellina chiedendogli se il taglio le piaceva e le mostrò con lo specchio la nuca. -Si mi piace. Mi piace come me li taglia. Lei è brava. -
Le disse il prezzo e le scrisse sul blocchetto la ricevuta.
Non sapeva neanche lei come le venne la forza o il coraggio di chiederle - Mi piacerebbe, se andasse anche a lei, di andare a prendere un tè assieme. Non conosco nessuno in città e cosi, per fare due chiacchiere, stare un pò in compagnia...- La parrucchiera la guardò prima perplessa, poi parve sgomento quello nel suo sguardo, che si fece in breve sospetto e diffidenza. Non le rispose neanche e si avvicinò alla porta per aprirle. Suonò il campanello. La ragazza si sentì morire dalla vergogna. Arrossì e si allontanò sulla strada. Pensò che non avrebbe neanche piu avuto il coraggio di tornare da quella parrucchiera. La parrucchiera la stava guardando dalla vetrina allontanarsi. La ragazza pensava al proprio errore. Che se fosse tornata la magari non avrebbe neanche voluto tagliarglieli ancora o, l'avrebbe fatto malvolentieri. Le venne da piangere. Tornò a casa. Non le accadde piu niente poi, quel giorno a Dresda.
Lui è Patricio Pron clicca anche QUA' (un argentino. Non c'è niente di tradotto di lui in Italia, credo. Questa è un po una libera riscrittura.
"La Capra" di Umberto Saba
Ho parlato a una capra.
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d'erba, bagnata
dalla pioggia, belava.
Quell'uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi,prima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.
In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.
2 commenti:
http://patriciopron.blogspot.com/2012/01/la-parrucchiera-di-dresda-una.html
Ugo
cazzarola, soddisfazione
Grazie ugo
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