lunedì 31 ottobre 2011

santa sangre


Santa sangre


"Sincronie di errori non prevedibili"

Li ho visti un paio di anni fa a Venezia. Forse anche tre o quasi quattro adesso. Guardavo questa danza da teatro (?) ma pensavo alla prevedibilità o meno degli errori. Mica che me lo facessoro capire loro con quella specie di gesti e danze, macchè. Voci corpi e suoni agli arresti domiciliari, quella sorta di tensione data dalla costrizione, dal frustrante. Uno guarda questi gesti e capisce che sono errori, indisciplinata scoordinanza. Lo fanno apposta, devono trasmettere un'idea. Avevo lo stomaco che brontolava, ricordo bene questa cosa, avevo fame. Stavo la a smenarmela nel farmi digrignare in testa questo concetto, incipit o assunto delle sincronie di errori non prevedibili. Lo facevo per poi far bella figura con la tipa che era con me, che facevo dei ragionamenti interessanti e gia questo secondo me è un errore che si sincronizza poi con altri per analogia e conseguenza naturale. Gli errori, non è che uno vuole farli, anche se spesso gia prima ne ha il presagio. Se c'è qualcosa che si puo considerare prevista è che l'errore verrà a palesarsi e sicuramente deriderci, che non c'è niente di peggio. Personalmente sono affezionato ai miei errori, non mi pare d'esser altro. Forse attraverso quelli ho sviluppato quel che sono. Sempre pronto a rifarne. Ho un rapporto affettivo con loro. Inevitabilmente si è legati per quanto li si voglia negare. In fondo l'imprevedibile è la parte seducente della vita. Che lo siano gli errori e anche gli amori. Questa è una frase che dovevo dire a quella là. L'errore è un vecchio ordine delle cose che tenti di scardinare. E in uno scarto si annida l'errore che la previsione non ha anticipato ne previsto. Certo che a guardar questo spettacolo si capiva che uno da piccolo aveva avuto delle esperienze insane e piu tardi letture conturbanti e schifose.

non c'è narrazione, ma solo accadimento,
E' anche vero che a volte ci si accorga della sfacciataggine di certi errori cosi almeno ci si evidenziano le verita troppo modeste che ci stanno sotto.
Cosa sarà mai questo errore? Questo giusto e sbagliato? Ma chi l'ha detto? Come si è arrivati alla determinazione di questo concetto? Si parte da un assunto, e va bene. L'assunto che sia cattivo, non buono l'errore. Anche se dicono che sbagliando si impara. Un esercizio di conoscenza.
Metti che con quella tipa la di quella volta che eravamo a vedere questo spettacolo, con la quale poi cercavo di fare dei ragionamenti sopra lo spettacolo per far la mia bella figura,metti che poi con questa bella figura che cercavo di fare lei fosse contenta di mettersi insieme con me e che venisse fuori una storia. Metti che questa storia ha funzionato per un po e poi, come tante, è andata a finire male, metti, e che poi io di male ci son stato da cani ma da cani, allora questo poi venga considerato un errore, che non ci dovevamo mettere assieme e che questo fosse un elemento imprevedibile allora, all'inizio quando volevo far bella figura e l'ho portata a vedere quelo spettacolo e avevo anche lo stomaco che mi brontolava, le sincronie di errori non prevedibili era una sorta di premonizione, come se nascessimo in quella storia sotto quel segno e che tutte le
domande sull'esistenza, sulla relazione, sulle presunte verità e sui mascheramenti, sull'amore perverso verso l'aguzzino che alberga fuori e dentro di noi me le fossi poste senza margine di errore, e che quello fosse solo un'inciampare che andava a sovvertire tutto un ordine precostituito che avevo prima e che questo andava a scompaginarlo perche quella la mi piaceva ed io ero solo e volevo mettermi assieme, perchè lei mi guardava ammirata mentre io le esponevo i miei ragionamenti e via discorrendo e che tutto questo va a scardinare tutta la serie di piani ordinati sui quali abbiamo costruito in maniera rassicurante le nostre caverne accoglienti e sempre più sofisticate e tecnologiche, messe in rete e tutto.

"Sincronie di errori non prevedibili". Allora, ragionando con lei dopo, quando eravamo andati in un bacaro a bere due ombre tre e mangiare dei cicchetti, io ho capito delo scarto, del margine che l'errore concede e della sua prevedibilità, che se non fai delle cose delle altre non accadono e le sincronie vengono a saltare, e che quello spettacolo mi insegnava questo e tutto il resto che non doveva accadere. Allora gliel'ho detto: Guarda che io e te non possiamo metterci assieme sai. L'hai capito?, gli ho detto. E lei:" E perchè?".
Ecco, non son facili da spiegare le cose, secondo me.

domenica 30 ottobre 2011

Me la dai?


Erano due che fuori del cinema facevano un ragionamento

Lui ha detto
Grande quel gato barbieri. L'ultimo tango era stato il mio primo film vietato ai 18. Poi mi ero comprato un cappotto cammello come quello di marlon. Volevo avere quell'aria torbida e oscura come lui. Mi veniva anche bene. Quando ho iniziato a suonare il sax, è stato gato barbieri quello che imitavo. Legami

Lei gli dice
-grandissimo gato barbieri..io adoro marlon brando e quel suo cappotto ma come stava a lui non sta a nessuno

Lui le dice
-Come stava marlon brando al cappotto? E' un'equivalenza. Il cappotto poi l'ho preso io. Tu ti sei presa brando, mettiamo. Nessuno sta a niente come brando non ci starebbe con nessuno dei due o come te che non staresti ne con il cappotto ne con me. Un'altra equivalenza è come stava il cappotto a lui non sta a nessuno. Ma anche pure lui dentro quel cappotto ci sta piu. E' morto no? Potresti mai starci te con me oppure in quel cappotto?

Lei non dice niente
.............................??

Lui dice ancora
-Si sarebbe potuto fare che io stavo con
Maria Schneider e tu con Marlon Brando ma sono morti tutti e due e mi sa che nessuno dei due starà con l'altro. Neanche te con me, che avevo un cappotto come il suo.

Lei dice
Eh?

Poi a casa ho guardato. Lui si muoveva da scienziato. Cercava la matematica del me la dai?



Se almeno se lo fosse levato quel cappotto. L'avrei arraffato no?

« Tutto ciò che non si condensa in un'equazione non è scienza »

(Albert Einstein, "Come io vedo il mondo")

In matematica, un'equazione (dal latino aequo, rendere uguale) è una uguaglianza tra due espressioni contenenti una o più variabili, dette incognite.
Risolvere un'equazione significa esplicitare l'insieme di tutte le soluzioni dell'equazione o mostrare che non ce ne sono.


Il posr proviene da un commento che avevo messo qua http://bacigrafficarezzeecoltelli.blogspot.com/2011/10/al-cuore.html

venerdì 28 ottobre 2011

Sorelle - Donne che mi piacciono- Ana Juan

Sorelle - Donne che mi piacciono- Ana Juan

Una delle sue foto piu belle, credo, di quelle che ho visto. Emblematica dolcezza, disarmante s'esprime, sapendo poi del suo mondo creativo, l'immaginario che pur tanto di sè contiene, attraverso i disegni, esonda in un terreno che concima, come il suo sguardo che tracima. C'è questo elemento che poi, sapendo le attribuisco, al di la dell'impatto, moltiplica l'elemento del fascino e della seduzione. Se devo trovargli una definizione che s'abbini a quesa sua storia: "Sorelle", è il conturbante. Oltre l'apparenza, la sua zona d'ombra.


Con e col turbante









Conturbante è la storia delle sorelle. Una favola per grandi, anche se, l'elemento del conturbante attraversa consuetamente le favole per bambini. Ciò che inquieta, angoscia, ha delle proprietà attribuibili al piacere. Almeno quando gli si accede attraverso robe cosi, romanzi, film ecc. Una sublimazione, un ricorso esterno, protetto che ne permetta l'accesso, senza pericolo, pero vivendone analoga emozione. La paura piace.



diamanda galas-Vena cava

(nota) Unheimlich è una delle parole che mi piacciono di piu. E' riferita al perturbante in psicologia. A ciò che il famigliare nasconde di spaventoso, sconvolgente.

"Moltissimi anni fa un terribile temporale fu testimone della nascita di due sorelle, due bambine unite l’una all’altra dai capelli, forti come radici. Quando furono separate un urlo squarciò la notte. Crebbero in solitudine, in un mondo tutto loro a cui nessuno poteva accedere… fino a una primavera in cui una delle due conobbe l’amore."

L'amore ha il suo elemento conturbante e tragico. Le sfumature rosee sono sottratte in questa storia. Il "tradimento" si conferma elemento inelludibile ed evolutivo. In fondo tradisce il mondo costruito in simbiosi alla sorella, con le sue ossessioni, lo abbandona per consegnarsi ad altro da sè. Sfugge all'ambiente lugubre dei grigi, che oltre al rosso dei capelli e ai sogni che le simbiotiche sorelle ideavano e si rifugiavano ecco, lo squarcio, si apre la scena, una nuova possibile, scopre l'amore. Una, non l'altra. E' pur tuttavia un consegnarsi. Dalla prigione dorata ed ovattata che si erano costruite, una si stacca, recide il legame, abbandona. Languido e triste comunque, il climax.
"Nei sogni cominciano le responsabilità", ha scritto Yeats. Lo trovo scritto sul libro di Murakami. In fondo il sogno conduce ad una soluzione spietata e crudele.
"unite dai capelli e dall’amore, dai sogni di universi e favole a loro concessi. Separate da una primavera che si trasforma in rancore e morbosità. Una favola per adulti, malinconica e spietata."
Autodistruttivo spesso l'amore, distrugge di sè anche l'altro. Capelli rossi, il flusso che come sangue trasfusfonde, dall'uno all'altro. Sistemi cardio circolatori dove questo sangue, della passione, del desiderio, dello stravolgimento, circola, circola, fluttua, intermittente come onde, sommerge, annega.

E' un albo illustrato. Ana Juan è riconoscibilissima. Inconfondibile il suo tratto. Quei grigi e neri, stavolta con il rosso che come sangue cola. S'impone, quel rosso dei capelli, come l'elemento poi tragico, spietato che contrasta con il pallore dei grigi, il richiamo alla morte. A ciò che alla fine sarà gelido, immobile seppur romantico. L'amore che spurga. Illustra, senza parole, declina emozioni nel segno s'inventa, sgorga, apre anche lei la sua ferita, per farlo strangola, stringe le dita attorno alla gola. La rappresentazione, la sintesi che l'illustrazione compie, trattiene in sè la poesia, i simboli del mito, dell'uomo le vicende. Alla Tim Burton, gotico,è quello il clima.
Lei dell'amore ne estrapola essenze: l'elemento autodistruttivo, il doloroso idillio, la lacerazione, lo strappo, lo sconfinamento. Non c'è lieto fine.

"Adesso ho bisogno soltanto dei tuoi occhi, guardami e non tornerò a dormire."

Matz Mainka è un autore, illustratore e vignettista tedesco. Ha vissuto in Giappone e in Spagna, dove ha iniziato a collaborare con l'illustratrice Ana Juan, con cui ha realizzato Sorelle.

Sorelle
Autore: Matz Mainka /Illustratore: Ana Juan
Editore: Logos Edizioni
Collana: Spaccacuore
210 x 297 mm
48 pagine
18 euro

martedì 25 ottobre 2011

Murakami lascia stare i miei sogni (2)


Nel secondo sogno eravamo io e Leo, un mio amico, in una zona che conosco, non lontano dal Foster, in quel quartiere la. C'era il sole. Gli abiti della gente erano leggeri. Ci fermiamo a guardare una tipa che attraversa la strada. Una psichiatrica che ho visto una volta due. Penso di essere stato anche a casa sua a visitarla assieme ad un medico. Una che conosco di vista insomma. Non so niente di lei. E' corpulenta, sui 40, con i capelli in disordine e un abitino leggero, scuro, con dei fiori, uno stampato insomma. Questa qua si mette ad attraversar la strada sballonzolando, saltellando ma senza grazia, con stani movimenti. Si tira su anche il vestito, fin sopra la pancia. Aveva queste coscie grosse, poderose. Anche il culo. Non so se aveva le mutande. I suoi movimenti a volte belli,aggraziati, quasi da ballerina, altre sembrano quelli di un animale goffo. Io e Leo la guardiamo sorpresi e divertiti. Poi torna indietro, riattraversa la strada e torna davanti a quella bottega. C'è un vetrina. Penso un macellaio o un piccolo alimentari. In realta non c'è in quel posto ma ci sono botteghe simili. Non passano macchine ed è strano. E' una zona con il suo traffico. Noi siamo ai bordi della strada, dall'altra parte. Neanche gente ce n'è in giro. La tipa dicevo, torna indietro e si dirige verso la bottega. Piu rapida me sempre saltellando in quel modo strano. Davanti alla bottega c'è una signora. Ha un vestito leggero anche lei. Dev'essere stata l'inizio estate o comunque una piacevole giornata estiva. La tipa attraversa la strada, dicevo e va a piazzarsi dietro all'altra signora. Quella signora è ferma come se dovesse attraversar la strada. La tipa gli va dietro e comincia a far dei tiri buffi. Si piega in avanti. A me sembra che faccia la gallina ma poteva anche essere una gazza, che è della famiglia del corvo.. Solleva le braccia in alto, il polso piegato e la mano come a fare un becco.Prende a beccarla sulla schiena.La signora si spaventa, fa un movimento brusco e cade. Leo corre subito ad aiutarla. L'aiuta a tirarsi su.Io no. Resto dall'altra parte della strada. Ho pensato che si arrangiava benissimo da solo. Io guardavo la tipa stramba. Leo accompagna la signora dentro la bottega. Vedo dentro la bottega. C'è un banco, altra gente. La tipa stramba si allontana, sempre piegata in due, con le braccia sollevate continuando a fare la gallina. Finisce cosi.Strano no? E' la lettura di quel libro, son sicuro, a mettermi in testa queste scenografie. Anche nell'altro sogno, quello del branzino che devo ancora mettere fuori,stavo leggendo un racconto strano. A me piace poi ricordarmi i sogni. L'ho scritti subito sulle pagine del libro. Per questo mi ricordo bene. Poi c'è un'altra storia che volevo raccontare. Qualcosa di erotico e di reale.
Uno che ha questi sogni qua è a posto?

Murakami lascia stare i miei sogni


Songs by Graeme Rivell: 1 Inferno - 2 Believe in Angels (The Crow Soundtrack)






Ero a pagina 93 di kafka sulla spiaggia. Nakata è a casa di Sakura, spaventato. Le ha chiesto aiuto. Le racconta cosa gli era successo. Lui che si era svegliato in un parco sporco di sangue. Ho questa scenografia mentale, una traccia emotiva dilatata, quando mi perdo con quel sonno leggero di quell'ora.Erano le sette e mezza. Mi ero svegliato presto, poi son tornato a letto. Sogno. Un sogno superficiale, al confine della coscienza. Di solito non sogno mai. Quando avviene, come quello del branzino, che devo ancora metter fuori, è per me un piccolo evento. Mi sento poi qusta storia girar in testa tutto il giorno. Mi ero preso nota, scrivendo sul libro, appena sveglio. Quando sogno di solito è in quell'ora di un sonno leggero, come piume nere, che si staccano dal petto di una gazza, qualcosa che poi si trascolora, come un fumo portato via. Nella mia mente allora quel clima, a quel punto dl libro. Il sogno, rapido. Sono in una stanza in disordine. Ci sono altri due. Li conosco ma non ricordo le facce. Non so in cosa si stava trafficando dentro la. Non era la mia stanza ma avrebbe anche potuto esserlo. Io percepivo una certa tensione in me, come qualcosa che potesse accadere. C'era un'imminenza insomma. Ad un certo punto sento dei rumori. E' il suono di una gragniuola di piccoli vetri sul pavimento duro. Piccoli vetri, come quelli di un cristallo, cadono sulle lenzuola. Li raccolgo nel palmo della mano. Li guardo. Gli altri non ci fan caso. Ma come? non sentono? Hai presente che suono puo fare una pioggia di piccoli vetri che cade su un pavimento? Ecco e loro non sentono niente. Glielo faccio notare. Sono preoccupato. E' come fossi solo. Loro continuano a fare quel che stavano facendo. Non so cosa con precisione, trafficavano. Era abbastanza casino li dentro, in disordine. Una stanza magazzino. Chiedo loro se non sentono niente. No, non sentono niente. Ai vetri non ci badano. Quasi fosse normale. Io invece sento una presenza. Chiedo loro se sentono qualcosa, che c'è qualcosa. Non sentite che c'è la bestia? gli chiedo. Scuotono la testa. No. Io dentro ho quella sensazione, quella di una premonizione. Sgomento, una forma molle di paura. Fuori da quella stanza c'è un corridoio. Sono uscito a guardare. E' illuminato da delle luci al neon, fioche. Non so se erano al neon ma fioche si, giallognole, le ombre. Ecco, vivevo questo. La bestia ho detto. Non la sentite. Loro non sentivano niente. In un punto di quel libro parla di una premonizione. Forse si era infilata dentro al sogno quella parte. Volevo farne un post di quella parte. Ecco, questo è uno. Poi ce n'è unìaltro, ravvvicinato, subito dopo. Dovrei fare dei disegni per illustrarlo. Metterò anche l'altro.

lunedì 24 ottobre 2011

che sia che si amano?


Post n°335 pubblicato il 24 Ottobre 2011 da simurgh2

Sono un cercatore di un gesto preciso. Ogni tanto, ma è raro, ne becco qualcuno. In genere è lei che infila le dita sul passante di dietro della cintura di lui. Sembra che voglia dirgli solo vai piano. Per me è un gessto piu complesso, pieno di significati insvelati, di un'intima simbologia privata. C'è chi ha il vizio di farlo, secondo me e altri che non l'hanno mai fatto. Una volta uno, che stava davanti a lei, mi sembrava che fosse arrabbiato. Per questo le camminava davanti. Poi lei l'ha preso per il passante e l'ha tirato leggermente. Mi pareva che a lui restava la faccia da arrabbiato. Mi son sempre chiesto se due che fanno cosi sono due che si amano. Io provo invidia per quel gesto la. Non ricordo me l'abbia mai fatto nessuna. Certi gesti, per vite intere, rimangono inediti.


(la foto è stata fatta al volo per la bisogna)

sabato 22 ottobre 2011

Murakami ha portato Kafka al fiume


Quà è dove abito io, lungo il fiume.


Haruki Murakami -"Kafka sulla spiaggia" - Einaudi 500 e rotte pagine - pesa 428 grammi

"Qualche volta il destino assomiglia ad una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. Per evitarlo cambio l'andatura. E il vento cambia andatura, per seguirti meglio. Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete infinite volte, come la danza sinistra del dio della morte prima dell'alba. Perchè quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te. E' qualcosa che hai dentro. Quel vento sei tu. Perchè l'unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far enttrare la sabbia. Attraversarlo, un passo dopo l'altro" (pag. 5)


Parte subito con questa frase qua, ad effetto. Che non è cosa proprio da Murakami. Poi ho visto in giro che è anche quella piu citata e la trovi un po dappertutto. Non è neanche da me allora. Ma tant'è, ormai che mi son sputtanato.C'è anche questo, che non si trova subito, ecco:
"...Poi, quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c'è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai piu lo stesso che vi è entrato"

Allora:


Poi, quando la tempesta sarà sfinita
quando sarà dissanguata e inerme
probabilmente saprà chi ha incontrato
chi ha cercato di attraversare.



Luna puella pallidula,

luna flora eremitica,

luna unica selenita,
...
SI PRUDENS ESSE CUPIS IN FUTURA PROSPECTUM INTENDE

Compiuto il quadretto tragico
io dal vento non vorrei uscirne
Starci dentro fino ad imparare
la meccanica dello spostamento
la forza per andare controvento
Il vento spazza e rende certo
che ciò che resta è quel che vale
e poi tanto, dopo la tempesta
spunta sempre il sole no?
Si puo sempre trovar riparo sennò
e aspettare, tanto fai sempre
in tempo per cambiare

"Sono le parole più silenziose,
quelle che portano la tempesta.
pensieri che incedono con passi di colomba
guidano il mondo."
(Friedrich Nietzsche,)

Tanto per dare contro anche a Murakami e la sua tempesta.
Non ho piu dolore
Io l'ho già perduto
La sabbia negl'occhi
è un'inutile pena
Tenerli aperti davanti lo strazio
par a me inutile atto di coraggio
ad ingravidare della messinscena lo spazio
Tenerli aperti davanti all'errore
all'ingiusta condanna
alla colpa e all'orrore
Tenerli aperti per mostrare la rabbia
la mano che trema e che prende la mira
L'occhio lo tieni aperto per
rendere onore ad ogni dolore

Sono appena all'inizio del libro. Troverò mille modi per tornare alle impressioni. Intanto si parte cosi. Se vi pare.

venerdì 21 ottobre 2011

Da umide cavità

A volte, tornando a casa di notte, me ne vengono di cosi che scrivo sul cellulare mentre faccio la strada in dieci minuti





da un'umida cavità
la tua voce al mondo nascosta
che esce mi canta
una filastrocca
come in un giro di giostra


che nel petto di corvo
si pianta e sprofonda








Una luna che sorse
indietreggiò per fluire
e cosi luneggiò di spumiglie
nello scuro a venire

giovedì 20 ottobre 2011

Di che cazzo parlano le poesie?

Non son mica forte a fare i video. Son proprio da incompetenti. Però mi diverte adesso questa storia di farne. Mi sa che miglioro.



Di che cazzo parlano le poesie?

Intorbida l'acqua rimescolando nel fondo
depositati sedimenti scarti paure
Logoro lo sguardo incespica opaco
cerca un filo, una corrente, sentirsi venire

Consumi pensieri,congetture, sortilegi
non riuscendo a capire t'ingrippi t'inventi
una cataratta nell'occhio un velo disteso
stringi gli occhi cercando di vedere
In mezzo al frastuono e ai bagliori di luce

Prendi una frase un suono una parola
qualcosa che a te dentro risuona
restando orbo però alla poesia
e a cio che dentro nasconde di sè

E devi stringerli gli occhi se vuoi separare
la luce potente dal buio incipiente
Da cio che vuol confondere
da cio che cerchi di tradurre e fondere

La poesia è un linguaggio che acceca
Una femmina ritrosa dietro una tenda
Il suono e il senso si fa confuso mai certo
Miope è lo sguardo che su essa si posa

Eppure di essa ti basta l'aculeo bagliore
che nello specchio riflette e l'immagine confonde
e t'inganna la verità che pensi appresa
per avvicinarti ogni volta e sentirti piu in la
E' il gioco di un baro che ha una sua verità

(simurgh, che a volte le poesie gli fanno venire il nervoso)

mercoledì 19 ottobre 2011

Una cosa che non mi ero accorto

Pensavo che qualcuno, un cane nero o uno scrittore di noir, muovesse le traiettorie di tutta quella gente che s'incrociava per perdersi un'istante dopo. Occhi che s'erano appoggiati l'un l'altro per il tempo di un battito di ciglia, il tempo breve di un pensiero neanche formulato e che si arrotolava dentro la bolla di una sensazione che potevi lasciar nell'aria o portarti dietro ancora fino a dentro un caffè, un'ufficio di assicurazioni o a casa tua chiudendogli dietro la porta e tenerla la con te. Chi era quella?
Il cane nero muove i personaggi e di colpo ti trovi a pagina 118 di un romanzo. Che ne sai? Avevo questa sensazione di trovarmi dentro a qualcosa di impreciso. Questo cane nero mi spostava da un posto all'altro, facevo delle cose che dovevano servire poi a parlar di me, scene da cui poi me ne andavo e intanto venivo spinto avanti, mentre io non sapevo niente,fino ad arrivare a qualcosa che mi avrebbe messo dentro un romanzo.
tante volte mi è capitato di dire, leggendo, ma questo sono io, oppure questo potrei esser io. Magari ero io davvero. Che ne so? Pareva vero. Poteva essere quella specie di realismo magico e surreale in cui tante volte mi trovo a pensare attorno alle sensazioni che provo. Quel che vivo, quel che credo di star vivendo, questa somma di episodi concatenati e quasi sempre ripetitivi magari è solo una parodia di qualcosa che succede da un'altra parte. A me mi tengono fermo in questo che credo reale e invece la mia vita è in un romanzo. Ho letto storie, vite vere, racconti di persone che in poche pagine dentro c'era tutta la loro vita. La meditazione di un cogito cartesiano che riaffiora dal pantano di una vita priva di bilanci, una vita che andava avanti col pilota automatico, priva di consapevolezza, se non della provvisorietà di ogni cosa e cosi, all'improvviso, per caso, mettiamo mentre sei davanti ad una vetrina e di colpo ti accorgi della tua immagine che riflette, beh li di colpo ti accorgi, scosso da un'improvvisa consapevolezza, ed eccoti la, che precipiti a capofitto in un'altra vita, che è sempre la tua ma di colpo è qualcos'altro, qualcosa che la sovverte, la vita tua che quella di prima non sarà piu.
"Sto guardando un uomo" dico ad un certo punto a qualcuno che mi sta in fianco, la davanti alla vetrina. "Non mi dire" lui mi fa. "Sei un romanziere?". "No" gli dico "Sono un personaggio".
Dopo quell'istante mi accorgo di questo susseguirsi di vicende, spesso insignificanti. Adesso sono dentro, mi son detto. Devo far qualcosa. Tipo quei giocolieri che cominciano con un bastoncino e finiscono con il porre una sedia sull'altra, con tutto che traballa, ed ogni cosa diventa sempre piu fantastica perchè adesso sai di essere in un romanzo e ti senti che devi allontanarti dai tuoi ormeggi ed andare in mare aperto, partecipare ad arbitrarie costruzioni, in un gioco sofisticato.
Quello che normalmente succede è che io, ma in genere la gente, pensa di fare una cosa e invece ne fa un'altra. Tu pensi di star la a guidare la macchina, di fare le tue cose al lavoro, di fare un branzino al forno e invece no, stai facendo qualcos'altro. All'improvviso mi accorgo che ho sempre sfiorato qualcos'altro. Sarà pur capitato un po a tutti di percepire quel qualcosa di ben diverso che sta dietro alle cose che facciamo, qualcosa di diverso di quello che normalmente captiamo dalla nostra vita, ma che non sappiamo identificare.
Forse comincerò a prendermi sul serio adesso.

lunedì 17 ottobre 2011

Esoso ha detto il signor Luciano

Il signor Luciano stasera, dopo il bigliardo la fuori, sotto la tettoia del Foster, lagnandosi con il signor Angelo perchè suggerisce sempre agli altri quali sono i tiri migliori da fare e questa cosa fa venire il nervoso al signor Luciano ma, essendo un uomo garbato, gli ha detto questa parola: "Angelo, sei esoso ". Che non è neanche una parola che mi vien fuori automatica sul cellulare, per dire. Sono parole importanti e non è che al Foster le senti mai dire. Siccome dopo ho detto Ah però, esoso, lui ha aggiunto che trabocca, inonda. Una variante sul sinonimo, almeno per me, che puoi chiamare anche odioso. Greedy, grasping in inglese con quelle gr mi suona bene, che rende di piu. Poi a casa ho guardato. Non si trova un chiaro corrispondente nei sinonimi. Allora è una variante poetica, un uso ad hoc, per educazione, per non dire hai rotto i coglioni. Forme raffinate di comunicazione. Esoso. che si sente suono come tra la esse e la zeta soso, ha del gretto, del fastidioso, come suole strascinate sul parquè.

sabato 15 ottobre 2011

Davide, il mondo freme e tu stai fermo


Metto anche questo cartoncino di Davide allora
tanto..






Avere un corpo significa anche com-prenderne i limiti, accettarne la finitudine spaziale e temporale. La nozione di corpo implica l’assunzione di una “frontiera concreta” che le relazioni ordinarie non trasgrediscano. Ma chi lo dice? Questo si dice, si crede ma qua invece non c'è piu un confine tra un dentro e un fuori. Tutto si oltrepassa e spaventa. D’altra parte, assumere il corpo proprio e le sue possibilità di porsi in relazione col mondo richiede anche un certo grado di “permeabilità”, di disponibilità allo scambio, al “negozio”. E qui c'è, mi viene comunicato attraverso un'esperienza di sconfinamento, di un'oltre il confine, come espeirienza di una fine possibile, che però dilaga e allaga ma non annega, non ancora. Vivere il proprio corpo significa accettare i propri confini dicono, eppure l'esperienza sensoriale sconferma. Il proprio corpo si ribalta, si pone sotto-sopra e senti il mondo al rovescio pur riconoscendo lo spazio dell’altro hai terrore del tuo. L'ho detta?


Mi ha detto che lui le comincia dall'alto e
quando è arrivato sotto son finite.
Ha sempre questa misura.
Una parola sotto l'altra.
Mi ha fatto impressione.
Una certa rigorosità, disciplina.
Mentre qua io posso continuare sempre.




Non sò ma c'era quest'ombra per terra mentre parlavamo



venerdì 14 ottobre 2011

uscire dalle mutande di qualcuno 3

A parte che volevo metterlo nelle bozze, invece poi mi è partito e va beh. C'è un posto qua dove ti dicono come sono arrivati a te, al tuo blog. L'ho scoperto oggi. Ci arrivano a caso, utilizzando delle parole chiave. A volte vedo che ho avuto venti visite. Non so voi, ma a me da soddisfazione. Pensavo fosse gente che gira qua in blogspot e, insomma, che avessi un po di considerazione. Invece no. Ci arrivano per caso. Queste sono le parole chiave che hanno utilizzato, credo recentemente. Mi fa da ridere.

Parole chiave per la ricerca

uscire dalle mutande di qualcuno 3


angosce arcaiche 2


jeans a zampa uomo 2011 2


peggy dresda 2


peggy trans 2


pene dentro ai pantaloni 2


photography woman 2


stare senza mutande 2


cero sul davanzale 1


come fare la barchetta di carta

L'AMORE E' UNA BESTIA CRONICA




L'amore è una bestia cronica



Se l’amore fosse tutto occhi e gli occhi fossero due bambini

litigiosi fino voltarsi le spalle, sarebbe la cecità

Il colore che li comprende smetterebbe l’agitazione

prosciugato nella secca di una forra, un botro profondissimo

scavato dal ricordo dell’acqua Se gli occhi fossero due bambini

nello spavento notturno non sarebbero due spille spiaggiate

che appuntano ferite alla luna ma la sagoma offesa di un relitto

Se gli occhi si svestissero sarebbe due fantocci che celiano il firmamento

E se l’amore fosse uno sguardo sarebbero un ragazzo che non vuole niente

Forse l’amore è lo schianto per fusione di una differenza

che pure non pensa al confronto, sul marciapiede del risveglio

gettata com’è senza preavviso, né sussistenza che pure

devi garantire al corpo, nonostante la deflagrazione

con le sue anomalie di lunga e corta gittata, corta come l’amore

clicca per ingrandire

compulso che becca doloso la distanza

dal precedente identico, per farsi senza precedenti l’unico

fatto commensurabile, e lunga lunghissima gittata il travaglio

orizzontale che ne viene L’amore è una bestia cronica

che sembra un giocattolo L’amore è un organo inflazionato

una fluttuazione drenante il corpo su scenari vacui L’amore

scompone gli oneri inconsulti delle piccole piaghe, dissangua

senza fine memorie capovolte a svuotarsi Forse l’amore è

una chimera che non assolve i fatti, anzi li assorbe

nella spugna capovolta dei sogni, come l’appetenza vuota

e lontana di un trogolo infiorato tra le fanghiglie duttili e lussureggiante

e l’inciso pacioso di un grugnito che significa tutto Forse è il porco

di peso sollevato al giogo delle altezze che mente franchigie superiori

O la lingua sonora di una decade di grigi riarsi



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che slavano il basso della torba con un’eco di vetro e polveri

scomposte nella facezia del cammino Forse

l’amore è un’allergia che poi entra in gioco

una ferma miscredenza sull’allergene che gli confonde i fiori

che lo estenua e che lo finge che lo arde di continuo sotto le meningi

lo buca, lo inghiotte, prolifera muco nei turbinati convulsi

e nell’unica profumazione sua, lo respira Forse

l’amore è questa mattanza nel profondo delle labbra

nonostante il risaputo sia querulo come il pantalone stellato


con cui non osi dormire E’ la gorgiera scollata di ogni decadenza

e il cane inalberato del distacco E’ la preghiera che pregando espia

il pregato Il lacerto, il travaglio fobico di un copione strappato Il sandalo

sfatato che calza discordia, la colonna obliterata delle scelte

la scapola crollata che astiene un vagito sorridendo


clicca sull'immagine per ingrandire




Viviana Scarinci

giovedì 13 ottobre 2011

Risentimenti


Ri-sentimenti

Piccoli risentimenti
che poi uno che li tien la
incapace a sentirseli impiantati
come piccoli pezzi di vetro
sulla pianta del piede
che non è che se li toglie, no
se li tien là con questa
piccola vocazione inconscia
al patimento, all'umano supplizio
per tenersi quel broncio interiore
che deve aver imparato da piccolo

Ci son vocazioni
che uno ci sa mica che fare
Gli vengono
Capisce, ragiona ma niente
Il risentimento
par cosa perversa
che s'incista
Un gusto sado-maso
per intenderci
che resta di un coloro marron
a covare per un giorno
Che fai?
Gli tieni compagnia no?
Brutta bestia l'amore
Tu l'hai mai vista la faccia
di uno che se li coltiva i rancori?
Si spegne, diventa opaca
sembra che faccia la chemio
Io poi, non è
che cerco rivalse, vendette
macchè
Sarà che son troppo pigro
e di fondo me ne sbatto i maroni
Se non ascolti quel che dicono i santi
su pazienza e sopportazione
ecco, il risentimento consuma
diventa dannazione.
L'errore ha un suo progresso
E' un uovo deposto sul petto
che ti fa sentire un'inetto
Dev'essere per forza qualcosa
che ha a che fare con il cristianesimo
Rode alla stregua del rimosrso
Non è che per questo
uno sia pure un malvagio
ma è come il morso di un cane
Ecco è come essere
incagliati con l'auto nel fango
e star la ad accellerare per niente
Io, di questo lo so
sono una vittima privilegiata
del pandemonio
che si risente di sè
e di qelle ruote che slittano.
Poi passa ma in quel pian piano
sta la misura del rodimento
che mangia piano di dentro.

( simurgh, di quelle che scrivo mentre corro in macchina)

Davide, dimmi se è vero


Ieri Davide mi ha dato questo cartoncino.
Possiamo dire che è una poesia.
Davide adesso vive in una comunità. Schizofrenico.
Sotto c'è un quadro che non ho mai finito.
Lui è il primo a destra, poi ci sono io in canottiera
poi c'è Stefano Biasin, poi mia moglie di allora, Sandra.
Era il 1977 ed eravamo a Parigi.
Eravamo in gita con il Liceo Artistico. Io un ospite.
Ci chiamavamo "Gruppo lepre". Non eravamo mai fermi.
Con noi c'era anche Maria, la sorella di Davide.
Non c'era nella foto dove li ho ritratti.
Io ero il capo. Hanno 5 6 anni meno di me.
Ah, Davide mannaggia

mercoledì 12 ottobre 2011

che cielo di merda non va mica bene a dirlo sai

Nel cielo stamattina lo vedo cosi che ha questa luce e lo senti che è stanco e sfibrato il cielo d'autunno dopo tutta l'estate quel sole di quanto quel cielo ha sudato a star li fermo per quelli che erano in spiaggia che sennò si mettevano a rognare e allora mi viene un sentimento di compassione per questo cielo qua che deve tener su tutti i pensieri di giono e di notte di innamorati per i voli pindarici che vogliono fare le orazioni che i bambini devono dire le madonne che devono tirar giu quelli arrabbiati e via discorrendo e tu metti che fai una foto ad un cielo cosi come quello che era qua stamattina che non è che puoi metterla fuori e che uno ti dica che bello quel cielo però è un cielo umano meno spettacolare e vanitoso è un cielo stufo e lo devi scrivere sotto alla foto che è stanco e sfibrato come un guerriero greco nel peloponneso dopo la sua bella battaglia che deve star la a brigare ogni giorno e che gli dicano che cielo di merda guarda che tempo del cazzo e via discorrendo e insomma a me stamattina faceva compassione ed ero la con questi pensieri mentre mi facevo la barba ed ho dovuto lasciar stare perchè mi era venuta la voglia di scrivere subito quei pensieri ed ero in bagno con il cellulare che chissà perchè uno ci va in bagno con il cellulare che se mi penso una volta che c'era il telefono in entrata e che uno doveva alzarsi se era la ed uscire con le braghe calate ah ecco perchè uno va in bagno con il cellulare insomma ho dovuto scrivermi questo pensiero e poi mandarlo a qualcuno allora vedi?capisci come son fatto?

Nanni Balestrini mi chiese: 'Ma perché scrivi andando a capo? Scrivi tutto di seguito, che così magari vendi'.




martedì 11 ottobre 2011

Gianni Celati e la kenzia

Gianni Celati, un uomo di foce, di fiume, di barene e di pianura è uno di quelli a cui tengo. Non tanto per un'assolutezza della sua prosa, non so come dire ma da un po seguo le sue tracce, le sue e quelle di una congrega che ne condivide una filosofia diciamo, che potrei chiamarla come quella di dar aria, di aprir finestre e balconi e far un po di corrente. Il suo punto di vista, tante volte sulle cose è quello che diciamo prende da Giacometti, da una sua citazione e che dice «Una volta andavo al Louvre e i quadri mi davano sempre l’impressione del sublime. Adesso vado al Louvre, e non posso fare a meno di guardare la gente che guarda le opere d’arte. Il sublime per me adesso sta nelle facce di quelli che guardano», ecco ma potevo cercarne anche una sua, comunque non è di lui che volevo dire ma piuttosto di un attraverso un suo libro.

Stamattina, che qua al lavoro tengo due vetrinette di libri miei che a casa non mi stanno allora prendo in mano un libro suo. "Cinema naturale si chiama" e lo sfoglio cosi, cercando non so neanche cosa, invece ci trovo delle note qua e la. Una era questa qua sotto. Non si legge tanto bene ma è scritto:
16 / 3 / 2010
Mia madre traffica in giardino poi mi porta dentro un mazzetto di violette dicendomi -Guarda che belle. Le ho prese su per te.-




Ma no dai che devo prendere una citazione da questo libro. Che c'entra Giacometti?
Allora qua, pag 73 c'è questo tipo un po tonto, Da Ponte : -...lui da ragazzo vedeva dovunque per le campagne un orbitamento pastorale infinito, dai galli sull'aia che stavano a girare intorno alle galline e le beccavano in testa per spadroneggiare come suo padre, agli agnelli che belavano ai vitelli che muggivano perchè volevano stare nell'orbita delle loro mamme come suo fratello. ai somari che l'avevano duro e avrebbero montato qualsiasi cosa, come il suo compagno idiota con la gozzuta.[..] e orbitava assieme a suo fratello che girava intorno a sua madre. Perchè doveva sempre essere la stessa attrazione nell'orbita materna che gli dava la smania di spiare la casa di notte attraverso la finestra quando suo fratello abbracciava la madre da dietro.[..] Era diventato uno spione, idiota completo con quelle idee fisse che gli facevano montar l'immaginazione. Però si preoccupava anche perchè c'erano molti litigi tra suo fratello e sua madre, com'era stessa storia prima con suo padre. Stava in casa a sorveglierli facendo finta di fare i compiti, in mezzo ai loro scatti di nervi e furie che venivano a sua madre quando il fratello le rispondeva male. Si preoccupava perchè gli sembravano come i gatti che si soffiano di rabbia prima che il gatto salti sulla gatta per montarla. Aveva paura che magari nascesse un bambino come tregua nelle loro guerre, e la in cucina facendo finta di studiare gli veniva il tremito di preoccupazione cosi forte che doveva mettersi a guardare fisso il muro per non vederli...-
Ecco, ne ho preso un pezzo.
Poi, adesso mi viene in mente che siccome piu su dico di mia madre e poi apro il libro a caso, che per me è come leggere nell'oracolo, vien fuori una storia torbida e incestuosa ecco, non vorrei si potesse pensare, ecco si, appunto

Insomma, fatto sta che stamattina mi son fatto comprare una kenzia al mercato, che mi veniva in mente di far felice mia madre che se lo merita. Una bella kenzia da mettere in un angolo, in parte del mobile in salotto, vicino alla porta finestra. E tutto questo non perchè ho letto Celati ma perchè c'era quell'appunto in un libro suo di mia madre che mi regala le violette. Non è una cosa che fa di solito con me. Una donna riservata e vergognosa che non manifesta con me l'affetto platealmente, no. Ha "sudision" si dice qua, una sorta di timore con me, come mi temesse un po, per via che a volte son orso un po mugugnoso e irritabile. Tra me e lei un bacio a natale o ai compleanni, robe cosi. Insomma gli ho comprato questa bella kenzia, che è roba che mettono nei saloni al Quirinale, nei corridoi delle ville patrizie, un po po di pianta insomma, importante ecco. Lei è appassionata poi di piante. Me la vedo che se qualche siora va li a bere il caffè e gli dice ma che bella kenzia, lei subito, che me la vedo altera ed orgogliosa a dire "Me l'ha regalata mio figlio". Ecco, volevo dire questo.

lunedì 10 ottobre 2011

Lo scorpione

E' perchè tra poco tocca a me, allo scorpione


1.
Non so la devozione
quel florilegio
insinuante
dall’erotismo inconscio
Il dovuto squadro
col piglio confuso
dei senza disegno
e questa cella
si chiama oblio

2.
Ma verrò oltre
la spranga che mi chiude
l’allucinazione
verrò, saldando
un’asola al buio
e dal buio divelta
dal soqquadro
di quest’assenza
di senno, come
un magnete verrò
cieca e copulante
lo spazio

3.
Al dunque
le impugnò la vista
da dentro, agganciando
al polso innervato
della nuca quella contorsione
taciuta agli occhi
che non siano più luce
dovuta ad un’incognita,
ma il niente
e sempre di una fede
e non con lo sguardo
giungerle si dovette
ma tacerle
a fior di ciglia
i polpastrelli pigiati
alla stretta del braccio

4.
Perché hai intriso
la mia danza
zoomorfa di cecità
perché l’intemperanza
equestre che mi frange
il pane sotto
lo zoccolo, fa la terra
commestibile
e me affamata

5.
Ti mostro la pietra
che ti ha dilaniata
l’occhio, che ti si è
spento in gola:
non fu il solstizio
d’inverno ma la lenta
agonia che ha preceduto
quella morte
e la morte del sole
che rinfrancò
l’errore di vedersi
e in un errore di fatto
l’essere tuo in rivolta
all’astro del mattino

6.
Che il tempo diventi pure
una placenta e che tutto
vi accada in quell’eresia fetale
anche la tua difformità sia
in quel vaso canopo
come una recrudescenza
di senno, un contenuto
addominale serrato
nella tua buia fisiologia

La scorpione
“Novelli astri s’accendono
a un mondo da tenui parti diviso.
Seguivano non so quali rituali segni.
(…) e si frastagliarono i giorni
e non furono più che un pallido ritorno
delle cose prime.

Lorenzo Calogero”

domenica 9 ottobre 2011

I quaderni di Malte Laudiris Bridge, di Rilke


Inizia cosi I quaderni di Malte Laudiris Bridge, di Rilke. L'incipit
Lo si trova anche in rete QUI'

11 settembre, rue Tonllier

"E così, qui dunque viene la gente per vivere; crederei piuttosto che si muoia, qui. Sono uscito. Ho visto: ospedali. Ho visto un uomo che barcollava e cadeva. La gente gli si è raccolta intorno, mi è stato risparmiato il resto. Ho visto una donna gravida. Si spostava faticosamente lungo un muro alto e caldo, e lo tastava ogni tanto, come per accertarsi che ci fosse ancora. Sì, c'era ancora. Dietro? Cercai sulla carta: Maison d'accouchement. Bene. La sgraveranno - lo si può fare. Più avanti, rue Saint-Jacques, un grande edificio a cupola. La carta dice: Val-de-grâce, Hôpital militaire. Non avevo davvero bisogno di saperlo, ma non importa. La strada da tutte le parti cominciava a puzzare. Puzzava, per quanto potevo distinguere, di iodoformio, di unto di pommes frites, di angoscia. D'estate tutte le città puzzano. Poi ho visto una casa stranamente cieca, sulla carta non c'era, ma sopra la porta si riusciva ancora a leggere: Asyle de nuit. Di fianco all'ingresso, i prezzi. Li ho letti. Non era caro.
E poi? un bambino in una carrozzina ferma: era gonfio, un po' verde, e aveva una vistosa eruzione sulla fronte. Evidentemente stava guarendo e non faceva male. Il bambino dormiva, la bocca era aperta, respirava iodoformio, pommes frites, angoscia. Era così, non ci si poteva far nulla. L'essenziale era vivere. Era questo l'essenziale."

Ero rimasto colpito, rapito. E' cosa che mi prende, gli sguardi della gente, del cosa notiamo passando per uno stesso posto,, del cosa ognuno vede, se vede qualcosa che non sia cosa che gli passa davanti agli occhi, distrattamente, sempre presi da pensieri, la gente non vede niente. Sono addestrato ad un'occhio fotografico. Scatto dei clik con le ciglia, cerco dettagli, particolari, ombre, riflessi, la gente dentro le stanze vista da fuori, le facce e le espressioni delle persone, cose cosi, da voyeur dell'irreale.
A volte, se sono con qualcuno, faccio un gioco. Un esercizio di osservazione: passando per un posto raccontare poi cosa ha notato uno e cosa l'altro e perchè crede che quella cosa abbia attirato la sua attenzione. La realtà è complessa ed ognuno vede quel che vuole, lo sguardo seleziona, coglie quel che poi un pò descrive pure la persona.

Cose cosi, che non so bene neanch'io

Trovo Wilmer, ha la prostata, ha paura ad andare a farsi la biopsia. Ha 57 anni, un infermiere, va in pensione tra neanche un anno. Ha sempre portato i capelli lunghi, l'orecchino, un hipster del Brenta, posti loschi. Io ho paura come lui della malattia, terrore vero e proprio. Gli ho offerto uno spritz. Siamo stati li in silenzio a guardare il fiume. Poi lui è andato via


I testimoni di Geova passano spesso a trovare mia madre. A mia madre fa piacere per il fatto che si puo lagnare un po e scambiare due chiacchiere, anche se del dio loro non gliene importa niente.Dice che quello che ha dovrebbe astar per tutti. Loro dicono qualche parabola, lei si lagna un po di questo o quello e poi sembrano tutti contenti.

Valerio si lagna che deve andare a mettere su i video giochi a Jack e perdere ore. Jack deve cominciare a fare l'interferone e cosi starà spesso a casa in malattia.


Io sono stato dal barbiere e c'era una di quelle famose mosche d'autunno che mi puntava addosso sul muso. Dovevo stare fermo che armeggiavano forbici ma avrei preso in mano il Napalm e avrei dato fuoco alla bottega



Un uomo sulla panchina guarda il fiume. Vedo passando che ha gli occhi lucidi di lacrime

Stamattina ho visto un fagiano maschio alzarsi in volo da un'albero e volare al di la del canale. Gridava in volo. Lui sarà un capo

Una signora è appoggiata con i gomiti sul balcone e mi guarda passare come fossi chissà chi

Ad uno è arrivata una lettera. Una risposta alla sua. Nella lettera sua moglie gli dice di no, che non si trasferirà la, che non abbandonerà la sua terra. Che è sempre stato fissato con quell'andare laggiu in cerca di fortuna ma che la fortuna lei ce l'ha la, a casa sua. No, non verrà mai laggiu.

Ad un'altro con il cellulare parla a sua nonna e gli chiede come si fa la parmigiana di melanzane

Sono note dell'altro giorno che avevo scritto prendendo nota sul cellulare

venerdì 7 ottobre 2011

Peli nel naso


Peli nel naso

REGOLE : Donne per i capelli bianchi

  • 7 ottobre 2011
  • 1 Arrenditi all’idea che quelli degli uomini sono brizzolati, mentre i tuoi sono grigi. 2 Le donne di oltre 80 anni non hanno i capelli bianchi: li hanno violetti o turchini. 3 Lasciare delle ciocche bianche tra i capelli neri ti darà un’aria dark, ma attenta a non franare in zona puzzola. 4 I capelli grigi non toccano mai le spalle, a meno che tu non sia una strega. 5 C’è solo una scoperta più sconvolgente del primo capello bianco: il primo pelo bianco.

    Internazionale, numero 918, 7 ottobre 2011



    Ieri ne avevo uno sul braccio, di pelo piu bianco. L'ho visto spuntare dalla manica della camicia blù, piu irsuto ergersi a farsi notare. Puttanassaeva ho detto di botto, anche la adesso? E allora ad un certo punto cominciano. Vabbè che per me i capelli sono un vantaggio ma i peli no ma, peggio di tutto son quelli la sotto e allora ho fatto che me li rado con la lametta e via . Poi ci son altre cose che qua non ti dicono: i peli sul naso ma quelli li strappo via al volo. Poi, lo sò, per gli uomini alla fine, gli crescono anche quelli nelle e non sulle orecchie. Per fortuna devo ancora vederli.


  • Ombres en scèn


    Ombres en scène

    Un mago deve chiudere il teatro a causa della mancanza di successo. Poi dice addio, l'anima del teatro ospita le ombre della scena che cambiae sfida il mago. Saranno poi unirsi a lui e creare una nuova marionettamagica ombra spettacolo per guadagnare prestigio e di far rivivere il teatro. Il successo dello spettacolo è travolgente, ma al culmine della gloria, il mago decide di andare a teatro uno più prestigiose e quindi a rinunciare alla sua. Sentendosi tradito, il teatro si vendica con le sue ombre, uccidendo il suo proprietario nel sonno.

    La malasorte, la beffa. Sottovaluta l'anima del teatro il mago. La offende con la sua disconoscenza, il diniego della natura dell'ombra. La sua delicata solitudine. Io penso che l'ombra non sia sempre la stessa, anche la nostra che crediamo ci segua, la stessa che dal giorno si ripresenta poi dopo la notte. Non lo sappiamo. Credo alle ombre molteplici e muliebre, protagoniste di una loro scena, di trame sconosciute a noi che loro intrecciano, quasi sempre benevole e all'ombra dei nostri destini ulteriori trame, tipo le nostre, la mia e la tua, che un'ombra mia son certo la tua se l'è portata via e stanno la assieme a ciondolare quando tu non le vedi, quando sei in luoghi o condizioni di luce per cui non si vedono ecco, loro hanno le loro piccole tresche. Noi questo non lo sappiamo però, dentro di noi qualcosa si avverte, si sentono improvvise eco, emozioni che senza motivo appaiono, improbabili coincidenze. Mi sa che sono loro. Noi che ne sappiamo? Le ombre tramano per favorire
    E invece il teatro dove lo mettiamo? E' lui il grande vecchio che tira le fila? Noi e le ombre, burattini diversi asserviti alla stessa brama di riconoscenza, di riscatto, inermi al colpo di coda, al guizzo che crudele punisce, come se il dio dovesse morire e allora con lui che muoiano anche tutti i filistei. E' il teatro dunque, la sua anima ormai marcia e decaduta, relegata all'oblio dopo i grandi fasti, che corrugata dall'amarezza diventa spietata e crudele per l'irriconoscenza. Usa le ombre come sicari, ombre del teatro e non del mago, per rendergli il pari
    E' un'animazione morale. Qual'è il messaggio? Che non si deve tradire la propria ombra? che non si puo strapparla dall'ombra per darle le luci della ribalta?
    "L'anima del teatro ospita le ombre" Gli sciamani adoperano questi arcani per comunicare con la terra dei fantasmi. Anima e ombra, emblemi Junghiani dell'inconscio

    ombre che provengono
    da memorie sepolte
    come polvere e pietre
    le orme lasciate e poi raccolte
    nell'acqua nascoste
    nei fondali stanno ferme
    a pensare epitaffi surreali
    ombre senza voce
    ci seguono come cani
    fin dentro il buio che seduce
    attirando nel tranello la luce
    (simurgh)

    giovedì 6 ottobre 2011

    Vanno a branchi

    Questa mi pareva giusto recuperarla da quel post e che stesse da sola.


    C'è un naufragio nella verità della creazione

    Vanno a branchi ma non portano femmine

    Svolazzano inquieti con l'aria di pena sinistra

    Un altrove teorico al nostro imprescindibile dove

    Un popolo teorico che in passato non aveva Re ne guerrieri

    Venerava divinità dell'anima e del sentimento

    Misterioso e insondabile quel dio che rapiva chi sapeva adorarlo

    Che non aveva immagine ma solo suono
    Il suono dell'acqua marina

    Danno infine la morte con fragilità e graziosa ferocia

    E' bello vederti morire

    E' bello vederti morire


    È bello vederti morire sentire che tremi Prometeo
    È bello sapere che hai paura della nostra stessa paura
    È bello il tuo corpo Prometeo scolpito sulla pietra
    Giocheremo con le tue grida ci baloccheremo di sangue
    Ne berremo a fiotti e poi ci ciberemo delle tue membra vive
    E dopo la tua morte Prometeo ci ribelleremo. In nome tuo.

    arton558

    Sonora è l’eco sorda della mazza d’acciaio Efesto
    Scintilla di fuoco rubato la nota di sangue che acceca
    È figlio del tempo il tuo dolore Efesto fabbro ferraio
    Oggi devi plasmare le membra battere l’incudine della
    Vendetta e tu maschio incatenato che ci hai insegnato
    Ad obbedire ora insegnalo a te stesso e a chi ti tortura.

    (Lello Voce)

    Lello Voce è uno di qua, da tanto ormai ci vive. Non so se insegna ancora. Non frequento piu il giro e lui, so ormai è piu in giro che qua. Di fondo è un buon fetente, spietato, sublime. Io, essendo piu atratto dal torbido dell'animo umano che dal sole che dicono e cercano nell'animo di ognuno risplenda ecco, trovo in lui un ronin errante che si batte contro i samurai, in quest'arte che abita il suono. Il crudele cinismo penso e credo, essendo e non so se sono un cattivo, ma dev'essere stato Nietzche, almeno per me, senza mai capirci un tubo, giustificato da un'acerba gioventù ma che mi s'impresse come un marchio a fuoco da allora, diventando il maestro di quel rito di passaggio che mi trasferì, dopo allora in un altrove che ancora cerco o che non cerco affatto, sentendo che da solo mi viene incontro ma poi dico: non son mica solo questo, son anche altro. Insomma ho questo imprinting credo e allora amo tipi cosi. Un altro è Vitaliano Trevisan, per dire ma non sto qua a fare una lista.Adesso mi son messo dentro un lungo discorso che, come al solito non so dove vado a parare e devo mollare qua tutto, che mi vesto e vado a lavorare, ma ci torno su questo qua e su altro che mi ronza nella testa. Bon!